Il Desiderio

“Il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente”

  Certo, questo desiderio non è semplicemente a dimensione “umana”; non
  alberga soltanto in animi nobili e lungimiranti, non è soggetto alla
  variabilità dei sentimenti, o alla “voglia” dettata da un’interesse creato
  artificialmente dalle esigenze di moda.  Certo, esso ha la sua radice
  nell’agire di Dio nell’uomo; è espressione e voce di quello Spirito, che
  può liberamente comunicare il proprio fuoco nell’animo dell’uomo che si
  converte.   Certo, esso nasce, si sviluppa e matura nell’uomo attraverso
  questo RINNOVARSI DELLA MENTE.
  Ma che cosa significa ciò ?

  IL DESIDERIO

  Facciamo un passo indietro.
  Siamo così sicuri di sapere cos’è una mente umana ?
  A giudicare da ciò che potremmo sentirci rispondere dai più parrebbe di sì 

  Va per la maggiore che sia una specie di strumento atto al “Problem
  Solving”, la capacità, cioè, di risolvere i problemi.

  Certo, a giudicare da come vanno le cose nel mondo non parrebbe proprio.
  Infatti, di fronte ai problemi maggiori, quella mente parrebbe incepparsi
  e ripiegare sui propri piccoli problemi quotidiani
  “Una vogliuzza oggi, una domani,…basta la salute !”
  Diceva un tempo il buon Nietzsche che, addirittura, alcuni annoverano come
  secondo solo a San Paolo come Teologo, lungi dall’opinione della vulgata
  che lo vede invece come colui che ha parlato e scritto solo dell'”Anticristo”
  Ma di questo riparleremo in seguito.
  “Una vogliuzza oggi, una domani….” si diceva.
  Non è propriamente un pensare grandioso, ma alla fine questa grande
  macchina della mente umana si arena ai primi scogli e ripiega su di un quieto
  vivere che assomiglia più ad un allenamento alla futura morte che ad una vita
  eterna che, stante questi parametri, sarebbe un inferno mortalmente noioso.

  E chi non crede che nell’accontentarsi stia veramente “chi gode” ?

  “Il desiderio…nasce e matura dal rinnovamento della mente”
  Ma poi, anche questo “desiderio”, che cos’è ?

  Facile rispondono i più:
  “Mangiare, bere, dormire, qualche bella donna e tanti soldi per nutrire il
  cerchio all’infinito.”
  Sbagliato !
  Quello non è il “desiderio”.
  Quelli sono i BISOGNI
  Son due cose diverse.
  I bisogni, una volta che li hai appagati, sei sazio, il desiderio no !
  Quello, appena lo appaghi è dispettoso, subito salta su qualcos’altro, poi
  qualcos’altro, poi ancora su qualcos’altro, all’infinito, senza essere mai
  pago.
  Del resto l’etimologia stessa ti mette sull’avviso:
  De-siderio,…siderale…i desideri son come le stelle; non finiscono mai.
  Ma non solo
  Come insegnava il buon Oscar Wilde, altro misconosciuto gran convertito al
  cattolicesimo ed indegnamente ricordato solo come icona gay, Oscar Wilde
  ci ricordava saggiamente che:
  “Due cose possono deludere un uomo
  La prima, avere un desiderio, e non riuscire ad appagarlo.
  La seconda:
  Avere un desiderio e riuscire ad appagarlo”
  Arguto, no !?

  Ma allora, che accidenti è questo dispettoso desiderio ?
  A SAPERLO !!?!

  Si dice, ad esempio,  che Dio sia una costruzione della mente umana che lo
  desidera eccetera
  eccetera…quasi che il “desiderio” fosse qualcosa di ben conosciuto,
  definito e appurato quando è esattamente il contrario, cioè è la cosa più
  misteriosa della psiche.
  Freud ne coglie la genesi nell'”Edipo”, cioè in quel oramai seppur
  ingiustamente famoso desiderio per la propria madre, smentito poi dalla
  Melanie Klein che
  lo cogli fin dal “Pre-edipico”, cioè quando il bambino è ancora nella fase
  gestativa nel corpo della madre;  anche se il più geniale è forse Lacan
  che proprio non ne coglie nessuna genesi e lo lascia nel mistero come
  “Significante” e basta

  Questo per citare i professionisti delle profondità umane.
  Ma anche i filosofi non è che se la cavino molto meglio.

  Platone ne parla come della forza misteriosa che genera l’anelito
  all’amore come ricongiungimento delle
  due metà dell’anima anelanti a ridiventare una cosa sola ; immagine che
  riduce l’eros ad una specie di “incesto” in un passato mitico e
  ancestrale.
  Ma niente di più che fantasie, quelle sì costruzione della sola mente
  umana

  Bene, siamo però ancora al punto di partenza !

  Ma prestiamo attenzione un attimo a questo stralcio di un’intervista ad
  un antropologo :

  È vero, gli intellettuali hanno sempre riconosciuto l’esistenza di un
  desiderio imitato, ma la maggior parte di loro, specialmente quando pensa
  al proprio desiderio, vorrebbe credere che al di là della mimesi esiste pur
  sempre un desiderio autentico, veramente nostro. A mio avviso quel
  desiderio non esiste. È proprio questa dimensione sociale, inter-individuale,

  del desiderio che crea conflitti — conflitti suscettibili di estendersi a
  tutta quanta la comunità, conflitti che hanno la tendenza a diventare
  contagiosi.
  Più gente c’è che desidera lo stesso oggetto, più ce ne sarà: è una
  moltitudine che si moltiplica all’infinito, come avviene nelle borse
  finanziarie, straordinario microcosmo del puro desiderio. Perciò le
  società umane sono minacciate da una violenza radicalmente diversa da
  quella tipicamente animale.

  Allora, cominciamo con il fare una prima precisazione:
  Il Desiderio, a differenza del bisogno che abbiamo appena visto, di certo
  sappiamo solo che è una forza che ci porta, ci costringe sempre ad andar
  FUORI DI NOI per appagarlo
  Su questo non ci son dubbi.
  Basta che vi riflettiamo un attimo, guardando noi stessi, e c’accorgeremo
  che è così.
  A volte son le risposte più elementari le più difficili da scoprire.
  Ecco quindi spiegato il primo assunto implicito in quel brano di René
  Girard
  “”…è proprio questa dimensione sociale, inter-individuale del
  desiderio…ecc”

  Il secondo aspetto fondamentale di quel brano è

  “…la maggior parte di loro, specialmente quando pensa al proprio
  desiderio, vorrebbe credere che al di là della mimesi esiste pur sempre un
  desiderio autentico, veramente nostro. A mio avviso quel desiderio non
  esiste.”
  Qui, Girard, si riferisce casualmente agli intellettuali, ma il discorso è
  lo stesso in tutti gli uomini:
  Iniziamo a spiegarlo:
  Innazitutto “mimesi”
  Cosa significa?
  IMITAZIONE
  Quindi cosa afferma l’autore ?
  Che non esiste un desiderio “autentico”, nel senso che sia veramente e
  SOLO nostro, ma in realtà è sempre MEDIATO
  Da chi ?
  Da un MODELLO che, coscienti o meno che ne siamo, IMITIAMO

  Va dato atto a Freud di essere andato molto vicino a comprendere questo,
  ma poi, mentre in un primo momento aveva colto esattamente come stavano

  le cose, e che cioè il figlio IMITASSE (solo) il padre, poi, nel voler dare
  un connotato scientifico-biologico alla sua teoria conia quel concetto di
  LIBIDO che lo porterà completamente fuori strada privilegiando l'”oggetto
  mediato”, la madre, rispetto al ben più fondamentale oggetto mediatore, il
  padre.

  Ma torniamo a noi
  Possiamo cominciare a riassumere i primi concetti fondamentali per
  comprendere il “desiderio” attraverso lo studioso che, non per nulla, è
  stato annoverato, ancora vivente, tra i “40 Immortali” del'”Académie
  Francaise”, riconoscimento al cui confronto anche il Premio Nobel diventa
  una quisquiglia

  Il Desiderio è lo “strumento” che ci “PORTA FUORI” di noi stessi e
  attraverso il quale, per IMITAZIONE, desideriamo qualunque cosa che ci
  indichi il MODELLO
  Restando nell’esempio di Freud, il padre, che se quello c’avesse pur
  indicato un cammello e non la madre, per noi sarebbe rimasta la stessa
  cosa.
  Anche se sarebbe stato molto più difficile trovare un mito greco all’uopo,
  sicuramente !!
  Comunque, a parte gli scherzi, ma neanche poi tanto, si potrebbe già
  aprire una piccola parentesi che richiuderemo subito, ma che per ora

  prenderemo solo come una curiosità
  Non siamo solo noi cristiani che imitiamo qualcuno, Cristo, nella
  fattispecie, ma TUTTI imitiamo sempre e comunque qualcuno, anche se non ce
  ne accorgiamo.
  E già qui, permettetemi di complimentarmi con me stesso che se penso a
  tutti coloro che imitano calciatori e veline, top manager e simili,  rischio di
  montarmi la testa.
  Ma lasciamo perdere

  Quindi, dicevamo, ripetendo, il desiderio ci porta fuori di noi ed
  imitando, desideriamo.
  Ma perché IMITIAMO , innanzitutto ?
  Semplice, perché pensiamo, a cominciare da nostro padre, che colui che
  imitiamo sia un PORTATORE DI ESSERE superiore al nostro.
  Cioè, in altre parole, AMMIRIAMO sempre qualcuno che riteniamo più
  COMPLETO di noi, più REALIZZATO e quindi, più felice.
  Chi non ricorda quando, adolescente, nell’ansia di crescere, guardavamo
  ammirati i ragazzi più grandi e non desideravamo altro di essere anche noi
  come loro
  La mia è stata la generazione dei Beatles.
  Chi di noi non avrebbe voluto essere Paul Mc Cartney o Ringo Star.
  Tutti, almeno per un attimo, suppongo
  E quelli prima di noi Elvis Presley
  E quelli dopo chissà chi altro.
  Tutta l’idolatria giovanile di qualunque epoca per i divi del rock o del
  cinema è dovuta a questa spinta interiore che chiamiamo desiderio.
  I mediatori son sempre gli altri, i coetanei o quelli un po’ più grandi.
  Mai quelli più piccoli, statene certi.
  Proprio perché, per dirla scherzosamente, in quei “PORTATORI SANI DI
  ESSERE”  confluiva il desiderio di intere generazioni.

  DECADENZA

  ESSERE, ESSERE QUALCUNO, DIVENTARE QUALCUNO, è anche poi,

 purtroppo, su questa spinta in sè pregevolissima, che si innesta la PUBBLICITA
 tanto  brava ad illudere che attraverso l’acquisizione di questo o quell’altro oggetto,
 questa ansia possa venir appagata.
 Auto, gioielli, tutte le cose, anche le più inutili, son sempre
  accompagnati nella pubblicità, da esagerazioni fantasmagoriche, musiche squillanti,
  modelli e modelle, letteralmente nella loro doppia valenza, atte ad
  illuderti che se possiederai quell’oggetto sarai come quell’uomo o quella
  donna tanto chic e che quindi nessuno potrà resistere al tuo trabordante
  ESSERE.
  Falso.
  Ma tutti ci cascano, caschiamo o ci siamo cascati.
  La stragrande maggioranza c’è ancora dentro fino al collo.
  Questo spiega meglio di altro perché le Chiese alla domenica pomeriggio
  son deserte e gli Outlet e Supermercati stracolmi di gente disperatamente gaia
  perché vittima di un ingranaggio che gli ha disorientato il cervello come
  a quelle balene che di tanto in tanto si spiaggiano nei posti più strani..
  Chissà, forse anche le balene saranno felici quando si arenano.
  Infatti hanno lo stesso comportamento degli uomini che provi di
  allontanare da un Discount.
  Ci tornano immediatamente !!

  Alcuni mesi fà scrivevo queste righe nel mio Blog , che qui riporto al
fine di chiarire ulteriormente questoaspetto DETERIORE del “Desiderio di
essere”:

Una società che ha rifiutato l’ontologico illudendosi di poterne fare a meno
e che basti l'”avere” ontico senza neppure lontanamente essere in grado di
porre rimedio a questa istanza inconscia dell’uomo, può solo, con le sue
ridicole leggi,  porre sempre più divieti o ancor più demenzialmente
toglierli tutti con lo stesso identico risultato:
Stare a guardare l’ingrossarsi delle fila di chi compensa con la droga
questa irrefrenabile spinta del “desiderio” a quel'”Essere” che nella sua
espressione inferiore è l’irrazionale droga ma che può essere superata solo
nel SOVRArazionale e non certo nella piattezza della ragione nichilista e
“calcolante” che, a quelli, del calcolo, oramai, non glene strafrega niente
ed è per questo che i ridicoli esperti che “calcolano” i danni son patetici.
Dimostrerebbero d’essere più intelligenti se si dedicassero a convincere
gli arabi della bontà del prosciutto di Parma nei tortellini !!

Ma chi è competente di “sovrarazionale” ?
Quegli sciocchi che riducono l’uomo al suo linguaggio ?
Scordatevelo !
Quelli ancor fermi alle banalità dello sciocco romantico Freud ?
Meno che mai, e neppure ci provano, almeno
Psicofarmaci che stanno all’Extasy come i cioccolatini Ferrero ai Lindt ?
Sarà faaaaaaacileeeeee !!
Chi allora ?
NESSUNO

Solo quando i MODELLI, le figure AMMIREVOLI non saranno più calciatore,
veline, velisti e velocisti ma UOMINI VERI, allora ne riparleremo, ma ora
siam lontani anni luce e solo se troveranno MODELLI che destino la loro
AMMIRAZIONE potranno trovare nel IMITARLI la forza per andare oltre.

A volte si trovano
MUCCIOLI era uno di questi.
Ma è stato stroncato da un fantozzi/fautore della legge che di “super-io”
capiranno, ma non d’altro.

Ma il problema resterebbe perché, una volta allontanati da tali modelli e
tornando in questa società, se nel frattempo non saranno diventati “modelli
a se stessi” e per gli altri, ripiomberanno nel vortice, ma non per caso o
per sfortuna, ma solo perché quel mondo piatto li avrà fagocitati nuovamente
stritolandoli, asfissiandoli con la sua sistematica, razionale, logica,
lucida pazzia.

…ed anche quest’altro:

Lungi dall’essere il vero desiderio,
libidinosamente e originariamente materno,
e la sublimazione la frustrante e frustrata sua elevazione,
è vero il contrario,
che il desiderio è quel desiderio di
“ESSERE” ,
primariamente ammirato nel paterno,
e la sua realizzazione materiale, in verità,
ne è solo l'”abbassamento”.

Ecco perché il desiderio è sempre appagato solo temporaneamente,
e non perché ogni sostituto del materno
è pur sempre e solo una sua “brutta copia”,
ma perché il desiderio è qualcosa
di infinitamente più grande
di ogni oggetto materiale..

Ma come siamo arrivati a questo ?

Perché siamo arrivati così in basso ?

Da dove si origina questa DECADENZA ?

Ecco quello che dicevo quest’inverno, sempre nel mio Blog, all’inizio di
quella crisi economica in cui siamo tutt’ora immersi

C’è una crisi economica in atto che, nella peggiore delle ipotesi si
risolverà nel giro di qualche anno.
Ma tutto questo è irrisorio stante l’ALTRA crisi, ben più profonda e
radicale che serviranno generazioni per venirne a capo, ed è quella che, ben
occultata dal benessere economico, traspare nella DECADENZA del tutto,

Uomo in primis.

Pare strano che persone, seppur non stupide, riescano solo a partorire
“abortini” di realtà quale che l’attuale degrado sociale sia causato dalla
televisione, quella di Berlusconi, ovviamente, stante il mistero della sua
generalizzazione all’intero pianeta che, parrebbe quindi, la forza di
rincretinimento dell’ideologia batterle tutte.

Una sofisticata analisi della genesi di detta “decadenza” la si può trovare
in un libro di Nikolaj Berdjaev,  “Nuovo Medioevo”,

 (“Medioevo” inteso nella sua eccezione positiva, non in quella banale di
derivazione Illuminista)

definito “Impressionante” dal critico dell’Espresso, poiché… “Queste
riflessioni pubblicate

per la prima volta nel 1923 sembrano scritte ieri, dense come sono di
quell’impasto di
rifulgente ossessione per la modernità e senso della fine che fa il nostro
pane quotidiano”

“L’avvenire è cupo. Non possiamo più credere alle teorie del progresso che
hanno sedotto il XIX secolo, in virtù delle quali il futuro prossimo
dovrebbe sempre essere migliore, più bello, più gradevole del passato che se
ne va
[…]
La modernità che sta giungendo alla propria fine, venne concepita all’epoca
del Rinascimento.
Noi oggi stiamo assistendo alla fine del Rinascimento.
[…]
L’umanesimo non ha rafforzato l’uomo, lo ha debilitato.  Questa è la
paradossale conclusione della storia moderna.  Attraverso la propria
autoaffermazione, l’uomo si è perduto invece di trovarsi.  L’uomo moderno è
entrato nella modernità pieno di fiducia in se stesso e nella propria forza
creativa: tutto, all’alba di questa epoca, gli sembrava dipendere dalla
propria arte, alla quale non vedeva né limiti né frontiere.  Ora ne esce,
per entrare in un’epoca inesplorata, prostrato nelle sue energie e con la
fede a pezzi – la fede che nutriva nelle proprie forze e nella potenza della
propria arte -, minacciato dal pericolo di perdere per sempre il nucleo
della propria personalità.”

Proseguendo poi per sommi capi, dal Rinascimento in cui l’Uomo era ancora
pieno di quello spirito che gli proveniva dal Medioevo, arriviamo via via
sempre più “in riserva” all’epoca della Riforma e di quell’Illuminismo che è
stato più volte argomento di altri  miei post e che qui si amalgama alla
perfezione con quanto esprime questo autore:

“La rivolta e la protesta, inerenti alla Riforma, hanno generato
quell’evoluzione della storia moderna che si è conclusa con i “lumi” del
XVIII secolo, con il razionalismo, con la rivoluzione, fino ai suoi effetti
estremi: il positivismo, il socialismo e l’anarchismo.
I “lumi” non sono che un pallido riflesso del Rinascimento, un’ultima forma
dell’autoaffermazione umanista.  Ma non vi è più, in essi, lo spirito
creativo: il Rinascimento si è inaridito.
[…]
I “lumi” sono il castigo temporale del Rinascimento, il prezzo da pagare per
i peccati dell’orgoglio umanista, di questa autoaffermazione che ha tradito
le forme divine dell’uomo
[…]
Il Rinascimento ha esaurito le proprie forze creative, dando origine a un
VIOLENTO movimento storico nel quale non vi sarà più posto per una creazione
possente.  La rivoluzione francese, il positivismo e il socialismo del XIX
secolo sono le conseguenze dell’umanesimo rinascimentale e, al tempo stesso,
i sintomi dell’inaridimento del suo potere creativo
[…]
Due uomini, che dominano il pensiero dei tempi nuovi, Friederich Nietzsche e
Karl Marx, hanno rappresentato con geniale intensità, queste due forme
della autonegazione e dell’autodistruzione dell’umanesimo.  In Nietzsche
l’umanesimo rinuncia a se stesso e si distrugge nella sua forma
INDIVIDUALISTA; in Marx nella sua forma COLLETTIVISTA.  L’individualismo
ASTRATTO e il collettivismo ASTRATTO sono prodotti da una medesima causa, la
separazione dell’uomo dalle basi divine dell’esistenza, la sua scissione dal
CONCRETO
[…]
La morale di Nietzsche non ammette il valore della personalità umana; essa
rompe con l’umano, PREDICA LA DUREZZA NEI CONFRONTI DELL’UOMO, ,

in nome dei suoi fini sovraumani, in nome di ciò che è futuro e lontano, in nome del
sublime.
L’individualismo superomistico sostituisce in Nietzsche il Dio perduto.
[…]
La morale di Marx non ammette il valore della personalità umana; anche lui
rompe con l’umano e PREDICA LA DUREZZA NEI CONFRONTI DELL’UOMO, in nome del
collettivismo, in nome dello stato futuro, dello stato socialista
La collettività sostituisce in Marx il Dio perduto.

Queste poche note giusto per rendervi partecipi dell’attualità delle
risposte di questo libro alla crisi umana della nostra epoca che, come si
diceva, è ben più profonda e di difficilissima soluzione di quella economica
che la occulta sovrastandola stante il materialismo ottuso dei molti.

Ma ora , dopo questa digressione storica, facciamo un passo indietro
tornando al brano di René Girard, dal quale eravamo partitianche per
spiegare meglio, contemporaneamente, queste due affermazioni su Marx e
Nietzsche

IL CAPRO E L’AGNELLO

È vero, gli intellettuali hanno sempre riconosciuto l’esistenza di un
desiderio imitato, ma la maggior parte di loro, specialmente quando pensa al
proprio desiderio, vorrebbe credere che al di là della mimesi esiste pur
sempre un desiderio autentico, veramente nostro. A mio avviso quel desiderio
non esiste. È proprio questa dimensione sociale, inter-individuale, del
desiderio che crea conflitti — conflitti suscettibili di estendersi a tutta
quanta la comunità, conflitti che hanno la tendenza a diventare contagiosi.
Più gente c’è che desidera lo stesso oggetto, più ce ne sarà: è una
moltitudine che si moltiplica all’infinito, come avviene nelle borse
finanziarie, straordinario microcosmo del puro desiderio. Perciò le società
umane sono minacciate da una violenza radicalmente diversa da quella
tipicamente animale.

Perchè Girard parla di “conflitti” come conseguenza di questa modalità di
esprimersi del desiderio che, riassumiamo, ci porta “fuori di noi”
nell'”imitazione” di “modelli” che riteniamo…”portatori sani di essere” ?

Ma perché, nel preciso momento che ci indicano COSA desiderare, sorge
IMMEDIATAMENTE la COMPETIZIONE con il modello stesso per appropriarsi
dell’oggetto, da questo momento, comunemente desiderato, ma,
contemporaneamente UNICO.

Ecco, quindi, l’inevitabile “conflitto” per l’attribuzione dell’ambita
“preda”
“Prima io!”…”No, l’ho vista prima io !…”No, ma io non ne posso fare a
meno”….”Neanch’io!”…”La voglio !”…”La voglio anch’io!”
E duelli, botte, lotte, conflitti, guerre…ecco cosa intende Girard quando
parla di “CONTAGIO”

E qui inizia la lunga storia della VIOLENZA, autentica condanna di quel
Peccato Originale, sua manifestazione concreta, che è così INSCINDIBILMENTE
COLLEGATA con il Desiderio e della quale dovremo parlare ora per giungere a
spiegare il primo, il “desiderio” evitando il secondo, la”violenza”,
depurandolo, in altri termini, dalla sua “ombra”.

Una minuscola premessa introduttiva:

Violenza e Autorealizzazione.
Ombra e Luce di ogni uomo.

L’uomo, come fosse veramente stato cacciato da un luogo perfetto, nasce
immerso nella violenza e tutta la vita cerca disperatamente di tornare alla
pace.

Violenta è la natura in cui “è-stato-gettato”

Per difendersi da questo l’uomo si associa, si mette insieme agli altri
uomini per difendersene, costruire piccole tribù dove “l’unione fa la
forza”.

Ma ecco che quella violenza lasciata fuori dall’uscio, torna dentro dalla
finestra.

L’uomo desidera, ma desiderando attraverso SEMPRE un mediatore, si reinnesca
la violenza del conflitto.

Questo fin dagli albori della civiltà, di TUTTE le civiltà, con buona pace
del “multiculturalismo”, che se la violenza è trasversale a tutti gli uomini
non si capisce che senso abbia, nella ricerca della “pace”, prediligere

l’osservazione verticale delle culture e delle loro particolarità, ma tant’è,
e questa è poi la lacuna antropologica alla base del “Relativismo”
Un gigante dai piedi d’argilla.

Ma non divaghiamo. Torniamo alla violenza primigenia

Eravamo al punto che la violenza, non doma, ora assilla la comunità umana
dal interno. Violenza fuori, nella natura, violenza dentro, nella comunità.

La vendetta genera vendetta e non è una soluzione, anzi, è IL problema.

Bisogna appagare la sete di vendetta che periodicamente si genera nella
comunità senza innescare una spirale distruttiva di vendette  e
controvendette infinite.

Nasce il CAPRO ESPIATORIO

Prendiamo dalla pagina che Wikipedia dedica a René Girard un estratto
sintetico di questo FONDAMENTALE punto:

Se due individui, imitandosi, desiderano la stessa cosa, può benissimo
aggiungersi un terzo, un quarto. e il conflitto dei primi si allarga. La
violenza è essa stessa imitativa e si può quindi assistere ad un processo a
catena. L’oggetto della contesa passa in secondo piano e il conflitto
mimetico si trasforma in antagonismo generalizzato. Ma quando la violenza
non può scaricarsi sul nemico che l’ha eccitata, si sfoga, come ognuno di
noi ben sa, su un bersaglio sostitutivo. In particolare, la violenza, che
fino ad ora ha continuato a consumarsi in micro-conflitti, può anche
focalizzarsi su una sola vittima arbitraria. Allora la folla si raccoglie
unanime attorno alla vittima e la distrugge. L’eliminazione (espulsione o
uccisione) della vittima fa sfogare la frenesia violenta da cui ciascuno era
posseduto fino a poco prima e ciò ha sul gruppo un impatto emotivo
incalcolabile. La vittima appare ora contemporaneamente come l’origine della
crisi e come la responsabile del miracolo della pace ritrovata. Essa diviene
sacra ai loro occhi, proprio perché prodigiosamente capace di scatenare la
crisi come di ripristinare la pace, ha cioè potere di vita e di morte sul
gruppo: è il dio. Questa è secondo Girard la genesi del religioso

Girard mostra che l’origine della cultura non è economica (Marx), né
sessuale (Freud), ma religiosa, come aveva intuito Émile Durkheim.

IL MALE SI EVOLVE

  Ma la partita tra Violenza e Amore, Male e Bene, Diavolo e Dio non è certo
  terminata qui, anzi, si evolve, cambia sempre aspetto, si raffina sempre
  più invisibilmente:

  Cristo rivela la VIOLENZA umana e come combatterla dentro di noi.
  Oggi, però, proprio perché più SCOPERTA quest’ultima deve essere più
  sofisticata nel mascherarsi.
  In altri termini assistiamo a un RAFFINAMENTO del MALE.

  L’Italia è quel meraviglioso paese che ha abolito per prima la pena di
  morte ed ora lotta per liberare da ciò il resto del mondo.

  Ma la Violenza è creativa, geniale.
  Smascherarla è difficile
  I COLPEVOLI, ad esempio, li tratta benissimo.
  Ma la Violenza gioca con gli uomini, li inganna.

  Se una persona è veramente INNOCENTE deve aver paura.

  Essa, oggi,  è GENEROSA coi COLPEVOLI
  e  SPIETATA con gli INNOCENTI

  La Violenza, se non riesce ad orientarsi verso i colpevoli si orienta
  verso gli innocenti.
  E’ molto logica.
  Usa il linguaggio, mica è stupida !

  Dice: “Io interpreto mia figlia”
  Non dice “IO VOGLIO COSI'”

  Quello che appare e che viene detto
  non sono la stessa cosa.

  Questo breve articolo, sempre tratto dal mio Blog, si riferisce ovviamente
  al recente caso di Eluana Englaro e fa riferimento a quanto affermato da
  quel  padre, ma è emblematico di questa evoluzione della violenza verso i
  più deboli in assoluto, e i più indifesi, bambini e vecchi

  “C’è una mentalità che, esasperando e perfino deformando il concetto di
  soggettività, riconosce come titolare di diritti solo chi si presenta con
  PIENA O ALMENO INCIPIENTE AUTONOMIA ed ESCE DA CONDIZIONI

  DI TOTALE DIPENDENZA DAGL’ALTRI.
  Si deve pure accennare a quella logica che tende ad identificare la
  dignità personale con la capacità di comunicazione verbale ed esplicita e, in ogni
  caso, sperimentabile.  E’ chiaro che, CON TALI PRESUPPOSTI, non c’è spazio
  nel mondo per chi, come il NASCITURO o il MORENTE, è un soggetto
  STRUTTURALMENTE DEBOLE, sembra totalmente assoggettato alla mercé
  di altre persone e da loro radicalmente DIPENDENTE e sa comunicare solo
  mediante il muto linguaggio di una profonda simbiosi di AFFETTI.
  E’ quindi la

  F-O-R-Z-A

  a farsi criterio di scelte e di azioni nei rapporti interpersonali e nella
  convivenza sociale.
  Ma questo è l’esatto contrario di quanto ha voluto storicamente lo stato
  di diritto, come comunità nella quale alle ragioni della forza si sostituisce
  la forza della ragione.”

  Giovanni Paolo II
  Lettera Enciclica
  “Evangelium Vitae”

LA VERITA’ SFIORATA

  A questo punto credo che saremo già tutti convinti dell’abilità e delle
  nuove forme di violenza.
  Torniamo allora a quel Nietzsche a cui accennavamo all’inizio
  Paradossalmente, in realtà, è quello che più di tutti s’avvicina a capire
  la rivoluzione portata da Cristo

  Il mito di Dioniso racconta dell’uccisione di quel dio, , che è un
  bambino, attraverso lo “sparagmòs”, la vittima fatta a pezzi,  e l'”omofagia”,

  la vittima divorata cruda, ad opera dei Titani, a cui segue la reazione di
  Giove che uccide i Titani e fa resuscitare il bambino.

  Per inciso va ricordato che conseguentemente, Giove, dai brandelli dei
  Titani fa gli uomini che son quindi contemporaneamente VIOLENTI, causa
  la natura titanica, e DIVINI causa il dio che avevano appena divorato.

  Quindi nel mito di Dioniso è presente il momento della morte violenta
  seguita da resurrezione, proprio come nella storia di Gesù, che per
  Nietzsche non è storia ma mito, questo va da sè.

  Ma i due casi, quello di Dioniso e quello di Cristo, non sono affatto
  simili.  Il fatto che si tratti in entrambi i casi di “martirio”, cioè di
  vittime uccise dalla VIOLENZA umana, può trarre in inganno, ma la
 differenza c’è ed è essenziale.

  Nel caso di Dioniso si ACCETTA la violenza della vita nei suoi
  meccanismi vittimari; nel caso di Gesù la si RIFIUTA

  “Dioniso contro il Crocifisso; eccovi l’antitesi. Non è una differenza in
  base al martirio – solo esso ha un ALTRO SENSO.  La vita stessa, la sua
  eterna fecondità e il suo eterno ritorno determinano la sofferenza, la
  distruzione, il bisogno di annientamento… Nell’altro caso il dolore, il
  Crocifisso in quanto INNOCENTE” valgono come OBIEZIONE contro
  la vita, come formula della sua condanna.”

  “La vera filantropia vuole il sacrificio per il bene della specie – è 
  dura, è piena di auto superamento, perché abbisogna del SACRIFICIO

  dell’uomo.

  E questo pseudo umanesimo che si chiama cristianesimo vuol giungere a
  far sì che NESSUNO VENGA SACRIFICATO”

  Ora, che conclusioni si traggono da tutto questo ?
  Che Nietzsche ha colto perfettamente il NUCLEO psicologico dell’Uomo, la
  VIOLENZA di cui sono impregnati, ma lo sviluppa BANALMENTE, non
  facendo altro che ricoprire solamente con parole nuove e altisonanti
  quello , che in realtà, è sempre stato fatto da tutti e dappertutto e non facendo
  altro che perpetuare le radici di tutte le guerre.

  Cristo, viceversa, RIVOLUZIONA autenticamente il tutto e se, evitando la
  malafede di crociate e inquisizioni, lo si guarda con occhi attenti, se ne
  coglierà molto facilmente l’autentica natura pacifista.

AUTOREALIZZAZIONE

  Abbiamo dovuto fare questo lungo excursus sulla violenza perché senza
  di questo non avremmo mai potuto chiarire la vera natura del desiderio
  Emmanuel Levinas, il grande filosofo lituano di origine ebraica,
  afferma sinteticamente che IL DESIDERIO E’ IL BENE stesso
  Potremmo anche, un po’ forse forzando il concetto, che
  IL DESIDERIO E’ LA CARITA’ stessa,
  se è vero, come è vero, che ci “porta fuori da noi stessi” per
  cercare l’Altro, dal quale, in ultima istanza, desideriamo solo “essere
  amati”.
  Ovvio, quindi, stante queste premesse, che per chiarire il desiderio-bene
  non si potesse fare a meno di illustrare innanzitutto il suo antagonista
  violenza-male

  Ecco che ora possiamo cominciare a trarre le prime conclusioni partendo
   da quel'”archetipo” dell’Ecumenismo che è stato San Francesco.

  Francesco, quindi, ora possiamo cominciare a comprenderlo meglio,
   lungi dal “sacrificarsi” rinunciando ai suoi beni è stato semplicemente
  una persona che aveva capito tutto.
  Si libera di quei be-ni, che son pur sempre be-ghe, per sì farsi sacro
  (sacri-ficere), ma per star benissimo, mica malissimo come credono gli
  stolti !!
  Ecco da dove nasce la misteriosa “letizia” francescana
  Nel riconoscimento che l’istanza più profonda dell’uomo, quel desiderio
  che abbiamo studiato fin’ora, può venir appagato SOLO nell’Essere che,
  liberandosi dall’Avere, leggero, VOLA!!

  Il grande scrittore irlandese C.S. Lewis diceva che come chi, arrivando
  all’Inferno s’accorgerà d’esserci sempre stato, così chi, come Francesco ,

  arrivando in Paradiso  si sarà accorto di esserci sempre stato.
  Ma non come premio
  Solo come prosecuzione
  E non per rinuncia
  Ma per acquisizione
  Libera, della più autentica Libertà

  La Santità è il desiderio più proprio dell’uomo perchè, fatto ad immagine
  e somiglianza di Dio e come Questi può solo sentirsi appagato nell’Amore.

  Lo Spirito Santo stà al Desiderio
  come la corrente elettrica alla spina

  Ricapitolando, quindi, abbiamo iniziato con il “desiderio di unità” per
  “necessità”, stante l’imperante “violenza”.
  Liberati SOLO da Cristo possiamo ora parlare del desiderio di unità,

  SOLO ORA, autentico, libero, vero

  Dal desiderio di unità per RICEVERE protezione al desiderio di unità per
  DARE protezione
  Solo un essere intrinsecamente PRIVO di violenza ce lo poteva donare
  Un gabbiano che stava ai pesci come Cristo agli uomini
  Uno di un’altra razza, di un altro pianeta, di un altro mondo.
  Da dove venisse ognuno è libero di scatenare la propria immaginazione, ma
  non mi si dica che era solo un uomo, sebbene fosse anche COME uno di noi.
  Sarebbe come confondere Shakespeare con un pazzo solo perché entrambi
  dotati di fantasia ma, mentre Shakespeare era un genio che coniugava
  fantasia e realtà generando così immaginazione; il pazzo coniuga fantasia e

  sogno,generando così, viceversa, dei mostri

  A questo punto dovremo allora cominciare a parlare di AUTOREALIZZAZIONE,
  anche se in realtà non è mai un “auto” ma sempre un ETERO-realizzazione
  Ci stiamo quindi sempre più avvicinando a quel “NOI” dal quale eravamo
  partiti, quel “desiderio di unità” che, a questo punto, diventa OVVIO,
  nella sua intrinseca semplicità.

  Dobbiamo solo precisare preventivamente, per poter poi dedurre a come si
  giunga dal'”autorealizzazione” alla “eterorealizzazione”, delle quattro
  dimensioni antropologiche dell’uomo:

  Dovremo quindi premettere alcune considerazioni sulla RELAZIONALITA’

  Freud, con la sua nota affermazione che “…abbiamo bisogno degli altri”,
  nonché con il Transfert, vero e proprio perno della psicoanalisi, dimostra
  l’indubbio primato della RELAZIONE nella vita dell’uomo

  Tale “relazionalita”, “intersoggettività”, non è tanto da ascriversi a un
  bisogno o ad un desiderio ma è parte STRUTTURANTE di fondo dell’essere

  umano stesso.
  Non c’è possibilità di scelta.
  E’ così e basta.

  RELAZIONALITA’, si diceva, innanzitutto, quindi :

  A) CON SE STESSI;
  L’uomo nello stesso tempo è corpo e ha un corpo: questa duplice qualità
  fonda le sue relazioni (peculiari rispetto agli animali) con il mondo e la
  storia: il fatto di “essere” corpo pone l’uomo in relazione di immanenza
  con il mondo, così che l’uomo non può pensare né agire senza dipendere

  dal suo corpo e dalla materia; il fatto di “avere” un corpo pone l’uomo in
  relazione di trascendenza con il mondo, così che l’uomo non si esaurisce
  semplicemente nella sua corporeità e in una serie di rapporti materiali, ma
  mantiene la coscienza e la libertà che ne regolano l’agire.  E’ attraverso il suo
  corpo che l’uomo entra in relazione con gli altri uomini e con la natura.
  L’integrazione della corporeità nella definizione di “persona umana”,
  conduce coerentemente ad ammettere che la persona è essenzialmente
  relazionata al “mondo”, nella sua duplice eccezione di “società” e di
  “natura”.  Il discorso sulla corporeità è perciò, in ultima analisi, il
  fondamento di quanto ora diremo circa i rapporti interumani e i rapporti
  con la natura.

  Quindi, dal primo tipo di “relazionalità” passiamo al secondo:

  B) L’UOMO IN RELAZIONE CON GLI ALTRI UOMINI:
  Lévinas ben sintetizza: “l’apertura al Tu è costitutiva dell’Io” ; la
  persona umana, cioè, non può realizzarsi che nell’alterità, nel darsi
  agli altri e nel ricevere dagli altri.
  La soggettività umana è essenzialmente intersoggettività.
  Nell’incontro con gli altri uomini, l’uomo si trova di fronte ad un “tu”
  personale come lui, di cui non può disporre come dispone delle cose.
  La realtà del “tu” è situata oltre i rapporti di utilità o di mezzo per
  l’auto-realizzazione del”io”
  L’alterità del “tu”, non è di subordinazione ma di comunione:  L’altro, 
  con la sua dignità di persona, pone un divieto alla libertà del'”io”: un

  “no” che può essere superato solo con il “si” della accettazione dell’altro
  come valore intangibile, non a motivo di sue particolari qualità ma 
  semplicemente della sua dignità di persona.  Il rapporto con l’altro
  domanda, in una parola, “rispetto” : il contrario del rispetto è la
  “strumentalizzazione”.
  L’apertura di ogni uomo agli altri non si esaurisce, però, nei rapporti
  interpersonali: ogni persona appartiene alla comunità UMANA.  Questa
  appartenenza si manifesta in un’esperienza che nello svolgimento dei
  secoli è diventata sempre più cosciente e che, al tempo nostro, ha assunto
  notevole importanza: l’esperienza di comunione di coscienza, pensiero e
  libertà, di convinzione e, soprattutto, di comune destino di tutta l’umanità
  del mondo.
  Un’esperienza tanto radicale nell’essere umano che ripetuti terribili
  conflitti e guerre lungo il corso della storia non l’hanno potuto
  distruggere.  Oggi, tale esperienza è espressa col termine solidarietà
  designante la RADICE ONTOLOGICA della comunità umana, ossia il vincolo
  ontologico che unisce ogni uomo con tutta l’umanità.  Si tratta, pertanto,
  di una dimensione fondamentale dell’essere umano, dalla quale scaturisce
  l’impegno a tutti comune di collaborare al bene della comunità umana e al
  progresso delle sue strutture.
  La comunità umana non è una persona collettiva sopraindividuale: se così
  fosse, ogni persona perderebbe la sua specificità (coscienza e libertà)
  per assommarla in una “superpersona” e sacrificarla ad essa; il fondamento di
  ogni comunità adeguata alla dignità umana resta l’essere personale
  dell’uomo; il “collettivismo” non è conforme alla dignità della persona
  umana.
  D’altra parte però la comunità umana non è neanche semplicemente la somma
  numerica delle persone che la compongono, ma “una realtà qualitativamente
  nuova” in rapporto ad essa, perché nella comunità le persone sono unite
  proprio come persone, ossia come comunità di coscienza e di libertà, e non
  per un legame che sia esterno a esse.
  In conclusione di questo punto, quindi, possiamo dire che il senso non
  riposa semplicemente in se stessi, non è solo auto-realizzazione, ma
  riposa negli altri, è etero-realizzazione.
  Questa non va’ però intesa nel senso del Potere, che di Giulio Cesare o
  Napoleone ricordiamo a malapena il nome e svogliatamente le gesta, ma nel
  senso di “servizio”, che di Dante e Shakespeare siam ancora allievi e lo
  saremo durevolmente.

  Vi è poi un terzo tipo di “relazionalità”:

  C) L’UOMO IN RELAZIONE CON LA NATURA.

  Infine il quarto

  D) L’UOMO IN RELAZIONE CON DIO

  Ma su questi ultimi due, al momento, soprassediamo, non foss’altro per
  ovvi motivi di spazio

  Quindi, riassumiamo così:

  L’AUTOREALIZZAZIONE è IL tema che, più o meno consapevolmente,

  c’accomuna tutti.

  Questa società ti fà credere che tu la possa trovare nel lavoro e nel
  denaro che conseguentemente guadagni e con il quale ti puoi cavare tutti gli
  hobby e i capricci.

  E’ sempre la logica dove si diceva:
  “L’ideologia capitalistica da un lato, con il suo bisogno di consumatori
  accaniti, non lascia altro spazio che al lavoro per guadagnare denaro da
  spendere poi in divertimenti, e l’efficienza in questi due campi la
  chiamano “realizzazione”.

  A fare il paio poi con questo tema del'”autorealizzazione” c’è quello
  del AUTENTICITA’ quando, stante l’ottusità dilagante, della VERITA’ non è
  consentito dire.

  Autenticità, ovvero, pura autorefenzialità, sentimentalismo
  soggettivistico, pulsionalità momentanea e relativa transitorietà volubile

  che sfocia infine in quella coazione a ripetere dove il vuoto interiore è
  riempito da amanti, puttane e divorzi a ripetizione.

  Questa lunga premessa per dire cosa ?
  Che la AUTENTICA AUTOREALIZZAZIONE si compie solo in quel

  MISTERO che è la RE-LA-ZIO-NEeeeeeeee !!!!!!

  Questa , lungi dall’essere una PRESCRIZIONE etica ha invece, viceversa,
  solo una valenza di REALIZZAZIONE ESISTENZIALE autentica e ben

  PIU’ GRANDE di quella borghese del “self-made-man”

  Inoltre, nell’allontanamento da quell’economicismo dilagante, questa
  autorealizzazione non ha proprio ben nulla a chè fare con lo SCAMBIO

 del “do ut des”, ti do se tu mi dai, in quella “partita doppia” che paiono i
  moderni  matrimoni, ma nel DONO

  L’AMORE NON E’ SCAMBIO MA UN DONO.

  “Io ti ho scelta come occasione di dono” dovrebbe dire un uomo che si
  richiami a quei “cavalli di razza”, per dirla alla Montanelli, e non ai
  ronzini.

  Ho dato il massimo ?
  Posso darti la totalità di me ?
  Quando un’Amore nasce contiene una tensione all’immortalità, al “per
  sempre”, che se solo ci ricordassimo del nostro “primo amore” non
  dimenticheremmo più; perché solo nella UNIONE, TOTALITA’ ed

  ETRNITA’ si comprendono le categorie metafisiche dell’Amore

  Ma se la vita E’ UN POSSESSO, tutte queste categorie si perdono
  irrimediabilmente.
  E allora diventerà più chiaro l’abisso che separa tutto ciò dalle
  tristezze di eutanasie e simili amenità

  Quando non si capisce che la VITA AUTENTICA stà nel DONO e nella
  RELAZIONE, allora…rien ne va plus…….

  Ecco che qui l’Amore coniugale sfocia in quel “dono di sé” , elevato
  all’ennesima potenza nel  “consacrato” , che si esprime nell’uso esclusivo
  dell’avverbio  “TU” , e in quel “NOI” che
  come diceva quel grandissimo psichiatra di Ludwig Binswanger, l’Amore non
  usa mai l’IO, e già anche nel solo linguaggio traspare

  Ecco dunque la conclusione di questo lungo discorso, in fondo, solo per
  spiegare questo passaggio dove risiede tutto il “desiderio di unità”
  Dal IO, attraverso il TU, per giungere infine al NOI DELL’AMORE

IL LINGUAGGIO DELL’AMORE

  Nel'”essere-insieme-nell’amore”, il Dasein incontra se stesso (“gioca
  con se stesso”) nella sua totalità e nella sua pienezza.  Non ci
  meraviglieremo quindi se Binswanger afferma che l’unico linguaggio che
  compete all’amore è il silenzio.  Che cos’è infatti il linguaggio ?

  Il linguaggio è sempre un medium, un vestito del pensiero, specificazione,
  dettaglio, scelta.  Esso è volto a dimostrare, persuadere, difendere,
  accusare.
  Esso articola, specifica, precisa.

  “Il linguaggio – dice Binswanger – non è luce, ma rischiaramento… La
  dualità nell’amore non abbisogna di alcun rischiaramento, poiché, in sé e
  per sé, è già essa stessa luce. Essa non ha bisogno di alcuna
 dimostrazione, ne può in alcun modo essere dimostrata. 

 Essa è Dasein interamente svelato, e non ha bisogno di essere rivestito,
 come appunto fa il linguaggio…”

     E altrove :

     “La dualità nell’amore è pura esaltazione, pienezza inarticolata,
  indeterminata, indivisa, quindi ineffabilità, immobilità silenziosa, senza
  quasi respiro, un’immobilità che in nessun modo significa negazione o
  privazione, bensì il supremo e più positivo, anche se muto, compimento di
  tutto il Dasein”

     L’amore non è ricerca di una verità, ma è “verità” esso stesso, quindi,
  anche se indifeso contro al giudizio, è, nel suo fondo, inattaccabile.

  L’amore è trasparenza immediata, rivelazione diretta del Dasein a se
  stesso, evidenza, quindi indimostrabile.  Esso non può essere “detto”, ma

  solo vissuto,. 
  Ogni linguaggio, dice Binswanger, trasforma il Tu dell’amore
  nell’accusativo “lui”, per cui l’ineffabile dualità di me e di te si
  spacca nel solito fatale dualismo di oggetto e oggetto.

  Non inprigionabile nella dimensione spaziali e temporali, l’amore è un
  puro “venirsi incontro”, un puro e muto linguaggio da cuore a cuore che
  non abbisogna del medium della comunicazione verbale a suo sostegno

  e quale suo interprete, perché esso è sincerità totale.  In quanto “verità”,
  l’amore non è neppure collocabile in un quadro etico, non ha quindi bisogno di
  apologie : esso non è un dovere da compiere, né un fine da perseguire, né
  un valore da difendere.  L’amore è, insomma, “docta ignorantia”.

  “L’immotivazione dell’amore, che alla ragione appare come
  irragionevolezza, è proprio il suo fondo, la sua “ragione” e la sua “giustificazione”
  Parlando di “muto linguaggio da cuore a cuore”, intendiamo sottolineare
  un non piccolo merito dell’antropologia di Binswanger.  Egli ha recuperato
  alla sua meditazione sull’uomo il valore del “cuore”, un valore del tutto
  assente in quel MITSEIN heideggeriano che lo stesso Binswanger chiama
  “neutrale”, appunto per la mancanza in esso di un Tu amante.  Egli
  descrive la “patria” dell’amore come “la patria del cuore”.  Certo, qui il concetto
  di “cuore” non è solo quello che ricorre presso Agostino e Pascal, cioè
  idea comprensiva di tutto ciò che nell’uomo vi è di più centrale, di più
  sorgivo, di più prescientifico e indefinibile, né è semplicemente quello del
  parlare comune.
  Per Binswanger, il “cuore” non sta mai ad indicare una proprietà o una
  funzione dell’uomo, né una sua singola azione, né un rapporto mondano, ma
  allude sempre a un modo fondamentale di essere-uomo, e precisamente
  esprime l’apertura del Dasein al “noi” della dualità amante.

  “Nell’essere-insieme-nell’amore il Dasein si scopre come “cuore” e il
  “da” del Dasein (il “ci” dell’esser-ci) si dischiude come la patria del
  cuore” Lo stesso incontro amoroso viene descritto come un “venir dal
  cuore” e un “andare al cuore”.

  Siccome tuttavia essere-uomo non è solo amore, ma anche CURA (in forza di
  quel rapporto dialettico tra amore e CURA che Binswanger chiama sistole e
  diastole dell’essere-nel-mondo), ad ogni contemplazione silenziosa
  dell’amato è immanente il bisogno di darsi una forma esterna.  Ecco perchè
  il Tu della dualità amante tende a diventare Tu espresso, cioè linguaggio.

     Il linguaggio che l’amore sopporta come il più capace di coglierne e di
  convogliarne l’eidos, è quello meno specificante e più allusivo, il
  linguaggio della musica e della poesia.  Se nelle GRUNDFORMEN Binswanger
  cede spesso e volentieri la parola ai poeti non è solo perché essi dicono
  meglio le cose, ma perché la forza dell’immaginazione poetica è ciò che si
  “commisura” meglio alla sovratemporalità e alla sovraspazialità dell’amore.
  Se quindi certe pagine delle GRUNDFORMEN possono avere l’andamento un po’
  disarticolato di un’ontologia dell’amore, Binswanger ci avverte che in
  ogni  lirica autenticamente amorosa si cela un frammento di un’ONTOLOGIA
  DELL’AMORE.

  Certo, poesia e musica rompono anch’esse quel “sacro silenzio” che è il
  vero linguaggio dell’amore, ma a quello si avvicinano perchè non
  specificano  nulla, alludono ma non significano.

  “La loro “patria” ontologica è nella trascendenza esaltante della pura
  “immaginatio”. Solo esse possono “alludere alla totalità del Dasein”

  “Esse sono trascendentale “immaginatio”, quindi non finalizzata, non
  problematica, prescindente da ogni individuazione, sgorgante dalla
  totalità dell’essere e volta alla totalità dell’essere”

  Con le belle parole di P. Valery, Binswanger ama chiamare musica e poesia
  “les enfants de mon silence”

  Ma anche la quotidianità conosce il lirismo del linguaggio amoroso, sia
  pure non così eletto come quello dei poeti.  Questo dialogo tra amanti è
  “sacro” perchè ex corde sonat e purché rientri, poi, in quell’immobilità
  silenziosa del cuore da cui proviene.  In questo dialogo, gli amanti
  esperimentano la NOVITA’ NELLA RIPETIZIONE : “Non esiste nessun altro modo
  di essere in cui la ripetizione e novità siano una cosa sola come
  nell’essere-insieme-nell’amore”

  La forma dell’amore è ogni volta nuova, e ciò denuncia la sua
  sovratemporalità.  Il dialogo tra amanti, in quanto forma dell’amore, è
  senza un tema specifico e senza uno scopo preciso (non è socratico,
  sofistico, politico, economico…).  Sua caratteristica è quella
  autenticità che viene dalla sincerità del cuore, e l’atmosfera che esso sa creare.
  Strttamente parlando, esso non ha contenuti : non ciò che tu dici conta,
  ma il fatto che sei tu a dirlo!

  Ma nel Tu divenuto parola espressa, il dialogo non si apre solo al mondo
  poetico (nel quale il tema è sempre e solo il NOSTRO AMORE) ma anche al
  mondo della PREOCCUPAZIONE.  E’ in quest’orizzonte che l’amore si fa
  “storia”, destino mondano.  L’essere-insieme-nell’amore esce dall’istante
  eterno e rientra nel tempo e nello spazio della CURA.  Ora l’amore si
  tematizza, si esplora, si interpreta, s’interroga, si preoccupa.  Ora
  passato e futuro gravano sul presente.  Ma anche a questo dialogo inerisce
  pur sempre un po’ di quella “esaltazione”, di quella “immaginatio” che
  definiscono l’amore, poiché in esse si inquadra e si fonda.

  L’amore diventa così “opera”, realtà forgiante .

 
 
 
 
 
 
In conclusione si è voluto dimostrare, con questo piccola “tesi”, che il
Desiderio ha sì bisogno della Grazia e di Cristo, ma più che per “convertire”
per far sì che l’uomo possa andare nella “giusta direzione”.

  Verrebbe quasi da pensare, giunti a questo punto, che questo “Desiderio”
sia il rovescio della medaglia di quel “Peccato Originale” con il quale
nasciamo e, come quest’ultimo ci porta verso il basso, quello ci porti verso
l’alto.

La spinta verso la Luce di quell’Ombra che ci portiamo anch’essa dentro di
noi.
Verso quelle “stelle”, come dice la sua etimologia, per le quali siamo nati.

Il Desiderioultima modifica: 2010-06-04T16:12:00+02:00da allan11
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