Pensiero sterile, sempre più sterile

Dal NG “it.cultura.filosofia.moderato” :

Qui, a proposito di “confutazioni”, ti farei notare che una cosa è dire che
che lo scientismo positivista si coniuga col pensiero debole nel ridurre la
metafisica a consolazione per l’angoscia di morte, un’altra cosa è dire che
l’angoscia di morte sia espressa, o appartenga a, quei due stili di
pensiero.

Tu che cosa asserisci esattamente? Poi vedremo, eventualmente, quali sono le
conseguenze per il resto della tua “confutazione”.

Saluti,

Marco

Effettivamente mi ero già accorto nella stesura che detto così non era
corretto ma pensavo che essendo di secondaria importanza e solo un
“cappello” introduttivo non vi si prestasse particolare attenzione
Comunque è buona la prima, per quanto riguarda questo contesto, e cioè che
lo scientismo positivista si coniuga con il pensiero debole nel ridurre ,
diciamo meglio, gran parte delle attività umane – religione, filosofia,
scienza, tecnologia  – a manifestazioni  di una lotta contro la morte che
farebbe della vita umana una sorta di lenta agonia destinata comunque alla
sconfitta finale.
Ora, non vorrei soffermarmi su questo punto che non è il CENTRO del discorso
ne sarei molto motivato ad approfondire o precisare ulteriormente.

Quello che mi interessa è confutare il PRIMATO DELL’IDEA DI FINITO rispetto
a quella che invece io ritengo la PRINCIPALE e cioè l’IDEA POSITIVA DI
INFINITO.

Riservando argomenti più sofisticati all’occorrenza, mi limito a
sottolineare che basterebbe avere un figlio o un nipote di cinque o sei anni
e, andando al cinema con lui, avere il compito di spiegargli cosa significa
quando muore la mamma di Bambi o a Simba il Re Leone.
Vedi la divertita che ti dai !!!  🙂

Ciao Solania

Ma guarda che il primato dell’idea di finito renderebbe inspiegabile la
stessa angoscia per la ( o “di”) morte. Se cioè la consapevolezza della
finitezza della vita avesse semplicemente il primato, l’angoscia per quella
manifestazione essenziale della finitezza della vita che è la morte non
potrebbe esistere. Perché l’angoscia per la morte possa esistere, è
necessario che la consapevolezza della finitezza della vita sia contrastata
da una condizione della coscienza, che possiamo chiamare “volontà di vita”,
e che abbia come contenuto l’opposto di quella consapevolezza. Cioè, l’idea
della infinità della vita.
Anzi, poi potremmo anche rintracciare, all’interno di questo contrasto, una
priorità della idea della infinità della vita sulla idea della sua
finitezza, in questo modo: è la consapevolezza della finitezza della vita –
che è, heideggerianamente, la consapevolezza della possibilità della
assoluta impossibilità dell’esserci – a contrastare la volontà di vita,
proprio perché la consapevolezza della finitezza della morte non può
esistere se non contrastata dalla volontà di vita (visto che la volontà di
vita è in ogni atto dell’uomo; anche nell’atto del malato terminale che
progetta di stendere il braccio per raccogliere un bicchiere d’acqua).

Quando perciò la cultura contemporanea ha pensato di poter ridurre alcuni
fenomeni culturali a manifestazioni della angoscia per la morte, non è con
ciò venuta meno, contraddicendola, alla struttura che ho delineato sopra. In
base a tale struttura, nella angoscia per la morte si esprime tanto la
consapevolezza della finitezza della vita quanto la volontà di vita.

In una parola. L’angoscia per la morte non esprime il primato della idea del
finito, perché non esprime il primato della consapevolezza della finitezza
della vita. L’angoscia per la morte non è tale consapevolezza, ma è il
risultato della unione, ad un qualche livello, tra tale consapevolezza e la
volontà di vita. E potremmo anche dire che ad angosciarsi è la volontà di
vita stessa – che in questo senso, nel senso del “soggetto”, ha la priorità
sulla consapevolezza della finitezza della vita. Questa consapevolezza non è
certo il soggetto dell’angoscia – ma non ne è nemmeno il solo contenuto,
visto che l’angoscia per la morte non esprime semplicemente la
consapevolezza della finitezza della vita.

> Riservando argomenti più sofisticati all’occorrenza, mi limito a
> sottolineare che basterebbe avere un figlio o un nipote di cinque o sei
> anni e, andando al cinema con lui, avere il compito di spiegargli cosa
> significa quando muore la mamma di Bambi o a Simba il Re Leone.
> Vedi la divertita che ti dai !!!  🙂

E’ ovvio che in simili situazioni si percepisce angosciosamente di dover far
comprendere al bambino ciò che nega l’essenza stessa dell’esser bambino: il
sapere infinitamente un futuro innanzi a sé. Si percepisce il crimine di una
simile comprensione. La criminalità del nulla.
Ma se anche mi opponi che questa percezione angosciosa è spiegabile solo
facendo riferimento al bambino che è in noi (che sarebbe il grande
dimenticato dalla filosofia contemporanea etc.etc.), questo bambino che è in
noi non potrebbe essere altro da quella volontà di vita che vuole sapersi
come infinitamente destinata al futuro. Ma, come ho detto sopra, l’angoscia
per la morte non esprime affatto il primato della consapevolezza della
finitezza della vita.
Nell’angoscia, il positivo ed il negativo stanno intrecciati.

Marco.

 

Constato, con piacere, che l’INFINITO” comincia finalmente a contare
qualcosa (rotlf) ma, noto altresì, che, nonostante la tua buona volontà.
proprio non riesci a “schiodare” dalle tue categorie “adulte”.

Allora ti faccio un’esempio di fantasia:
C’è una fiamma che arde nel caminetto.
Un bel fuoco vivo, vitale.
Ad un certo punto, magicamente, tu gli spieghi che domani o comunque presto
sarà spento.
A quel punto e solo a quel punto SCATTA la “volontò di vita”.
Ma è solo la risposta alla consapevolezza della morte.
PRIMA c’è solo il “calore nativo”, la “fiamma vitale”, la vita “vitale”
senza nessuna determinazione “volitiva” se non si ricorre ad uno sterile
artificio retorico.

Capisco che a parlare di “Fiamma” e afFINI non è il modo migliore di
comunicare con voi
ma cercate almeno nel color “rosso” che ci accomuna, un punto d’incontro, mi
si consenta.

Inoltre dove sta scritto che ai bambini bisogni insegnare e non IMPARARE ?
Ancora fermi all'”adultocentrismo” come Della Rosa ?
Suvvia !!!
Nell’Arte Picasso lo insegnava ormai un secolo fà.
Non sarebbe il caso di “allargare l’area della vostra coscienza” non dico
alla Timothy Leary
ma almeno quel tanto da non restare rattrapiti nella corteccia cerebrale
“ridotta” e nutrita
solo dalla crusca fisicalista materialista e poco altro ?

Questo giusto per antipasto.
Non vorrei mai tu pensassi ad un’esaurimento degli argomenti.
E’ solo che non amo i logorroici che compensano con la quantità
la scarsa qualità del loro dire

Solania

Ottimo esempio, non solo perché mi riporta a certe “antiche” discussioni,
svoltesi su ICF, su “la legna e la cenere” (è il titolo di un libro di
Severino) – ma anche perché personalmente è sin da bambino che guardo la
fiamma che arde nel camino, e che pure, e pare impossibile, si spegnerà.

Evidentemente tu ci tieni a dire che la determinazione di “volontà di vita”
appartiene alla “riflessione”, perché a te tale determinazione pare già
compromessa con il nihilismo e con le sue categorie concettuali. Benissimo.
Ma allora la domanda è una sola, e fa parte di quell’insieme di domande
talmente banali da non poter non essere decisive: *io*, che la fiamma si
spegnerà e non resterà che la cenere, lo so oppure no?

> Non vorrei mai tu pensassi ad un’esaurimento degli argomenti.

Tu prova a rispondere alla domanda lì sopra.

Saluti,

Marco

“Marco V.”  ha scritto nel messaggio
> “solania”
> Ottimo esempio, non solo perché mi riporta a certe “antiche” discussioni,
> svoltesi su ICF, su “la legna e la cenere” (è il titolo di un libro di
> Severino)

: *io*, che la fiamma si
> spegnerà e non resterà che la cenere, lo so oppure no?

….guarda, proprio perchè ti voglio venire incontro
come tu ami Severino io amo Ronald Laing
così come tu mi hai posto una domanda mutuata da lui
io ti dò una risposta mutuata dall’altro

“Quest’insieme di cellule ha l’impressione di essere me.
E’ questa un’asserzione con cui non sono necessariamente d’accordo.”

R.D. Laing
“I fatti della vita”
Einaudi …pag 22

Pensiero sterile, sempre più sterileultima modifica: 2010-06-07T15:08:25+02:00da allan11
Reposta per primo quest’articolo