Wonderful Sini

LA DECOSTRUZIONE DELL’IDEOLOGIA

Il punto di partenza è questo: la scienza si avvia ormai a trasformarsi
completamente in tecnoscienza, ricerca finalizzata alle sue applicazioni
tecniche guidata da esigenze economiche (sono sempre più gli interessi del
capitale finanziario a dirigere e orientare la ricerca stanziando fondi per
progetti economicamente remunerativi, come farmaci, tecnologie e nuovi
prodotti da piazzare sul mercato) incidendo sempre più profondamente sul
globo terrestre (sia con innovazioni tecnologiche sia con politiche
economiche su scala planetaria) e sulla vita dei suoi abitanti, ridotti
sempre più a ingranaggi (consumatori-propulsori) di questo Meccanismo. Tale
Apparato è sorretto da una conforme «visione del mondo» – alla quale
scienziati e ingegneri vengono istruiti e sulla base della quale si formano
professionalmente – che ha le sue radici nella storia della cultura
occidentale, nel suo linguaggio e nelle sue «scritture». Salvo che questa
«visione del mondo» (che abita tutti i «saperi» dell’Occidente, sia
scientifici che umanistici) è, come la filosofia contemporanea da più di un
secolo ha messo in luce, profondamente ideologica («metafisica» direbbe
Heidegger, «logocentrica» direbbe Derrida) in quanto veicolata da un
linguaggio, da concetti e da nozioni «storicamente determinati» (contingenti
e relativi) e dogmaticamente assunti come ovvie e pacifiche verità. E’
allora su questo piano che per Sini è anzitutto necessario operare,
attraverso una decostruzione dell’ideologia implicita nell’attuale
formazione scientifica e professionale: un altro mondo non è possibile se
anzitutto scienziati e ingegneri continuano ad avere nella testa quella
rappresentazione ideologica della realtà che la nostra cultura, in modo
involontariamente dogmatico, propina loro dalla scuola elementare alla
formazione universitaria. La materia delle cose. Filosofia e Scienza dei
materiali offre quindi una documentata critica alla formazione professionale
degli attuali ingegneri, i quali vengono educati nei Politecnici a una
disciplina accademica (la Scienza dei Materiali) che è un vero coacervo di
ideologie e presupposti dogmatici non privi di ricadute sul piano politico
e, più in generale, sulla vita globale della popolazione mondiale (è infatti
proprio su questi presupposti ideologici, dati come ovvii e mai messi in
discussione, che gli ingegneri impiantano la loro prassi, volta a
trasformare sempre più profondamente il globo terrestre). La «decostruzione»
dell’ideologia implicita nella Scienza dei Materiali è condotta con i
consolidati strumenti del bagaglio teoretico-concettuale di Sini, che muove
dalla rappresentazione del mondo che essa offre nel cosiddetto «ciclo dei
materiali e delle risorse»: una rappresentazione ideologica, basata sui
tipici dogmi del «naturalismo» e dell’«oggettivismo», ma spacciata ai futuri
ingegneri come descrizione del mondo «in sé», ovvero per come esso sarebbe
«in natura»; Sini mostra come in essa il rapporto teoria-prassi sia
surrettiziamente invertito e dunque come quella teoria e «visione» del mondo
e del suo funzionamento – lungi dall’essere una «verità necessaria», ossia
una rappresentazione della realtà «in sé» – dipenda invece proprio dalla
prassi umana, dalle concrete «pratiche» scientifico-tecnologiche messe in
opera sulla base di interessi contingenti e relativi. Dopo aver dissodato i
fondamenti di tale disciplina, così conclude l’autore in un linguaggio
quanto mai chiaro e diretto: «Sono gli stati nazionali, sono i cartelli
internazionali delle società produttrici e distributrici, sono gli interessi
del capitale finanziario, è la logica del mercato e della borsa mondiale
che, come abbiamo compreso, decidono via via quali sono i “materiali”, le
loro “riserve”, le loro “fonti” preferibili, le loro elaborazioni
tecnologicamente vantaggiose, i modi, i tempi e soprattutto i luoghi dei
loro smaltimenti nocivi. Quindi il reale ciclo dei materiali non è affatto
esaurito dallo schema che abbiamo sotto gli occhi: questa è una tipica
finzione del naturalismo “oggettivistico” ed è una menzogna che ricopre una
realtà ben più complessa: una realtà essenzialmente “politica” che ha in sé
elementi esplosivi di conflittualità largamente “soggettivi” (niente affatto
necessari o immodificabili) e storicamente contingenti [.]. Ecco come la
giusta e condivisibile preoccupazione di diffondere tra i giovani (e non
solo) la cultura scientifica si traduce in una mostruosità culturale e in
una per altro involontaria trasmissione di spirito dogmatico e acritico» (La
materia delle cose, pp. 43-45). Viene qui chiaramente in luce il profondo
intento che muove la più imponente opera di Carlo Sini, i sei volumi di
Figure dell’Enciclopedia Filosofica: quello di elaborare una nuova
«enciclopedia dei saperi», rifondando genealogicamente la cultura umanistica
e scientifica e liberandola dai presupposti ideologici e dogmatici
(«metafisici» e «logocentrici») che ancora la abitano nel profondo e che
agiscono nel suo tessuto restando inavvertiti. La prassi rivoluzionaria
passa cioè attraverso quella che Wittgenstein avrebbe definito una
«purificazione» del linguaggio dalle sue incrostazioni dogmatiche e
storicamente determinate. Si tratta dunque di una rifondazione del sapere
(lungi da qualsiasi intento «fondativo» in senso classico) che mira a una
formazione (culturale ma anche scolastica) intesa come costante esercizio
anti-ideologico di liberazione dai dogmi e dalle superstizioni
storico-culturali scambiati per verità «in sè». È ciò che Sini chiama
«rivoluzione etica» (cfr. Etica della scrittura, Il saggiatore, 1992) dove
«etica» non sta per «morale» bensì per ethos (formazione, costume, habitus).
Un ethos che sappia far fronte alle insidie dell’Apparato e alla
strumentalizzazione biopolitica operata dal sistema
scientifico-tecnico-economico ormai planetario, decostruendone il fondamento
ideologico e il funzionamento interno. Compito quanto mai urgente, poichè
«nella globalizzazione scientistica e capitalistica – si legge in Le arti
dinamiche, p. 204 – è all’opera l’intento della palese regolamentazione
dell’intera
kinesis sociale: determinare la produzione e la riproduzione degli individui
sociali secondo il criterio quantitativo dell’incremento lineare progressivo
(moto uniformemente accelerato, se mai fosse possibile). A favore
naturalmente di chi già ne detiene i vantaggi; spudoratamente e cinicamente
a favore, ma con l’aggiunta, largamente bugiarda ma buona per gli illusi e
per gli sciocchi, che questo sia infine il “bene” dell’intera umanità
(sempre futura)».

Vi stupite che queste siano parole di Carlo Sini, emerito e distinto
professore di Filosofia Teoretica dell’Università di Milano, brillante
conferenziere e profondo conoscitore della opere di Platone e della
semiotica peirceana, nonché Accademico dei Lincei? Ma è sufficiente
addentrarsi nei suoi percorsi teoretici, superando la diffidenza verso il
sofisticato linguaggio filosofico, per trovare, anche nelle sue opere più
insospettabili e apparentemente lontane dall’orizzonte politico, gli
strumenti di una rivoluzione ancora tutta da fare.

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Wonderful Siniultima modifica: 2010-06-06T13:05:27+02:00da allan11
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