La Post-cultura

Nel 1959, a Cambridge, il fisico e romanziere Charles Percy Snow tenne una
conferenza che fece scalpore. “Credo che la vita intellettuale della società
occidentale, disse senza esitazione,  tenda sempre più a scindersi in due
gruppi distinti, ciascuno con il suo polo d’attrazione. (…) Al primo polo
abbiamo gli intellettuali letterati che un bel giorno di nascosto hanno
preso a qualificarsi come “intellettuali”, come se fossero gl’unici ad avere
diritto a questo appellativo.  All’altro polo, abbiamo gli scienziati, di
cui i più rappresentativi sono i fisici.  Tra i due c’è un’abisso di
incomprensione reciproca, incomprensione a volte colorata, specie tra i
giovani, di ostilità o di antipatia”.
(…)
Nel 1963, quattro anni dopo la fragorosa conferenza di Cambridge, il fisico
e romanziere Charles Percy Snow ritorna sul tema ultrasensibile delle due
culture.  Tenendo ferma la tesi delle tribù nemiche…e alla luce delle
innumerevoli critiche, risposte e commenti suscitati dalla sua analisi, si
rimprovera di aver trascurato, o per lo meno sottovalutato, l’esistenza di
un terzo gruppo, gli “intellettuali che svolgono la loro attività in
discipline tanto varie quanto la storia sociale, la sociologia, la
demografia, le scienze politiche, le scienze economiche, la psicologia ecc.”
Tutti settori di ricerca con un punto comune, osserva Snow: “Si riferiscono
al modo in cui gli esseri umani vivono o hanno vissuto e lo fanno lavorando
sulla base non di supposizioni gratuite, ma di fatti precisi”.
(…)
All’amara constatazione della guerra delle culture succede dunque, secondo
Snow, la confortante prospettiva di una modernità sgravata finalmente di
quelli che restano indietro.  Il progresso delle scienze umane annuncia la
buona novella della riconciliazione di tutte le intelligenze sui valori di
metodo e di progresso.
Davvero una buona novella ? Prima di prendere in esame il valore del
pronostico e la fondatezza di tanto ottimismo, dobbiamo riconoscere con Snow
che la terza cultura ha cambiato il paesaggio intellettuale da cima a fondo.
(…)
Convinto che l’umanità si ponesse solo i problemi che era in grado di
risolvere e la ragione scientifica avesse il monopolio della ragione,
Charles Percy Snow consideravala SOCIOLOGIA un gioiello o meglio una
realizzazione dell’Illuminismo.  Passata la sbornia delle soluzioni, i
nostri contemporanei si attendono dalla SOCIOLOGIA in particolare e dalle
scienze sociali in generale non la riduzione ad equazione della realtà
umana, ma la conoscenza approfondita dell’irriducibile diversità degli stili
di vita e dei modi di essere.  Che la società sia sostanzialmente una forma
indipendente e distinta rispetto agli attori individuali che la compongono,
equivale a dire che nel momento in cui questi attori agiscono, pensano,
creano, lavorano, contemplano un paesaggio, provano dei sentimenti, è la
loro appartenenza ad agire, pensare, creare, lavorare, guardare o sentire
attraverso di loro.  Ora, questo ATTRAVERSAMENTO DELL’IO DA PARTE DEL NOI,
la terza cultura la chiama…cultura.
(…)
Ogni società umana, a meno che non sia disumanizzata, appartiene a una
cultura.  Poichè tutte le culture sono parimenti “arbitrarie”, nessuna può
valere per l’intera umanità: sono questi i due maggiori insegnamenti che si
ricavano ormai delle inchieste (etnologiche o SOCIOLOGICHE) compiute nelle
scienze dell’uomo.  E tali insegnamenti si impongono con una forza sempre
più vincolante alla filosofia, nelle sue due versioni analitica e
continentale.  Dalla messa in luce degli SCHEMI CONCETTUALI DELL’ESPERIENZA,
gli eredi più audaci dell’empirismo logico traggono adesso la conclusione
che non esiste un mondo, ma visioni di mondo.
Quanto alla scuola opposta si fonda sulla tesi heideggeriana che ogni epoca
ha la sua metafisica per sostenere che tutte le pratiche, le fedi, le
rappresentazioni non sono altro che costruzioni sociali.  Così le due grandi
tradizioni filosofiche del XX secolo convergono, nel XXI secolo verso la
RINUNCIA alla pretesa di svelare l’Essere vero e verso l’affermazione
postmoderna dell’illimitata plasticità di uomini e cose.
Gli stessi letterati hanno imboccato questa grande svolta culturalista
entrando con decisione nell’epoca della demistificazione.  Certo esistono
eccezioni e isole di resistenza, ma oggi se C.P.Snow potesse visitare i
campus universitari o i licei dell’occidente…nei loro programmi di
insegnamento…il culto dei CAPOLAVORI suscita ironia…che invece di
insegnare a riverire i CLASSICI, si insegna a diffidare di essi, a sventarne
i raggiri e le astuzie retoriche.
(…)
E il sorriso democratico suona la campana a morto della cultura generale.
(…)
C.P Snow aveva ragione di pensare che la guerra delle due culture stesse per
arrivare all’epilogo.  Ma aveva torto di rallegrarsene.  L’epilogo, infatti,
non consiste in una cultura che la vince sull’altra, ma nel culturale che
vince tutto, inghiotte tutto, e fa un’unico pasto indifferenziato del qui e
dell’altrove, del dentro e del fuori, dello spontaneo e del ROZZO, del
BRUTTO e del bello, del luogo comune e del pensiero, del TRIVIALE e del
raro, gettando nell’oblio, rubandogli il nome, il doppio lavoro di
formazione di sé e di delucidazione dell’essere per dirigere il quale
scienziati e letterati, ancora ieri, litigavano furiosamente.

Ora, è molto difficile aggiungere alcune parole all’altezza di quanto
scritto da Alain Finkielkraut nella sintesi della “Seconda lezione” tratta
dal suo libro “Noi moderni” senza rovinare un discorso già di per se
perfetto.
Vorrei solo aggiungere, a titolo personale, premettendo che tutte le
maiuscole sono solo opera del sottoscritto per evidenziare i punti salienti
per cui ho postato questo scritto.

Il primo, che non sarà certo una novità per chi ha già letto qualcosa di
mio, è la personale RIPULSA per la SOCIOLOGIA, materia agli antipodi della
mia scelta esistenziale di Psicologo.
Ma non è solo per questo, che in questi termini sarebbe banale, ma per un
preciso motivo:
I DIRITTI DELL’UOMO sono UNIVERSALI, e non c’è sociologia che tenga.
Come ha giustamente osservato il Santo Padre Benedetto XVI rivolgendo un
chiaro ammonimento alle Nazioni Unite, anche se si son affrettati a
giustificarsi come bambini presi con le dita nella marmellata, su questi NON
SI MEDIA..
Ed è solo un’anticipo di quello che si sentiranno sbattere in faccia,
ovviamente con un sorriso,  la primavera prossima.
Ma la sostanza è quella.

Il secondo punto, dove RECLAMO il primato della psicologia e soprattutto
della psicoanalisi, è nel RIFIUTO di considerare Capolavori e Classici dei
banali artifici retorici o chissà chè.
Premettendo che la psicoanalisi ha insegnato che Classici e Capolavori sono
tali appunto perchè affondano le loro radici nell’INCONSCIO COLLETTIVO che,
non avendo in se ne la dimensione temporale, spiega il perdurare infinito e
atemporale, appunto, di richiamo per la psiche di chiunque non sia rozzo o
triviale, come ben ha definito Finkielkraut al termine della sua sua
lezione, la marea montante dell’ignoranza.

Infine un’ultima osservazione che mi è sorta nella trascrizione di questo
scritto.
Ma, mi chiedo, alla luce di questo mio post su Leonardo da
Vinci e il primato dell’Esperienza sulla Concettualizzazione della stessa,
non siamo qui, per caso, di fronte proprio al contrario ?
Cioè, dove SCHEMI CONCETTUALI precedono e pretendono di delineare a priori
l’ESPERIENZA ?
E’ questa la ragione del perchè ho evidenziato questo passaggio.

Questo è il post :

SCIENZIATI VERI

“…ma prima farò alcuna esperienzia avanti ch’io più oltre proceda, perchè
mia intenzione allegare prima l’esperienza, e poi colla ragione dimostrare
perchè tale esperienza è costretta in tal modo ad operare.
E questa è la vera regola, come li speculatori delli effetti naturali hanno
a procedere, e ancora che la natura cominci dalla ragione e termini nella
esperienza, a noi bisogna seguitare il contrario, cioè cominciando , come
sempre dissi, dalla sperienzia e con quella investigare la ragione.”

Leonardo da Vinci

PS…comunque voi tenetevi pure i modernissimi Neurath, Carnap, Ayer,
Russell e toh, mi voglio rovinare, anche Galilei !
Che noi  tradizionalisti oscurantisti e medioevali, al di là di linguaggio e
“quantitativismi” vari, restiam affezzionati al nostro Leonardo e
all’esperienza, che, proprio in quanto esperità, ha pur sempre una sua
realtà, che tanto, quando avrete terminato i vostri bei discorsi e
calcoli…”i nostri problemi vitali non sono ancor neppur toccati”

 L.Wittgenstein

 

 

 

 

La Post-culturaultima modifica: 2010-06-07T14:54:31+02:00da allan11
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