Individuazione

“Alla ricerca dei nostri antenat,  un percorso: l’Alchimia”…di Jalea Di Stefano (Bologna)

“Ciò che turba ed agita l’uomo – dice Epitteto – non sono tanto le cose
quanto le opinioni e le sue fantasie intorno alle cose”
   La psicoanalisi, nel nostro secolo, ha rivalutato un certo numero di
termini quali simbolo, mito, immagine, termini che sebbene importanti
movimenti culturali e religiosi abbiano spesso tentato di mutilare e
mascherare, sono sempre appartenuti alla vita spirituale dell’uomo. La
reazione contro il positivismo, il razionalismo del XIX sec., la rinascita
dell’interesse religioso dopo le ultime guerre, la riscoperta
dell’occultismo e dell’assurdo, hanno focalizzato l’importanza del simbolo
come modalità autonoma di conoscenza. Il fiorire degli studi intorno ai
meccanismi della “mentalità primitiva” hanno rivelato altresì la validità
del simbolo per il pensiero arcaico e contemporaneamente il ruolo
fondamentale che esso ha nella vita di qualsiasi società. Il comunismo e il
cristianesimo, su livelli nettamente opposti, sono delle dottrine di
salvezza con implicita l’idea di superamento di conflitti, dottrine che
manipolano simboli e miti .(Mircea Eliade) Questa nuova prospettiva in
realtà è una riscoperta del mondo moderno, che si è limitato a riprendere un
orientamento presente in Europa fin dal XVIII sec., e in altre culture
extraeuropee siano esse storiche (quelle dell’Asia e dell’America centrale)
o arcaiche e primitive (Oceania e Africa).
   D’altra parte l’Europa materialista e positivista del XIX sec., non
avrebbe mai potuto instaurare un dialogo spirituale con culture esotiche e
arcaiche emergenti all’orizzonte della storia, se non attraverso vie di
conoscenza e scale di valori accessibili solo mediante un livello simbolico.
Il simbolo, il mito, l’immagine rivelano gli aspetti più profondi e segreti
dell’essere, mettono a nudo i meccanismi di funzionamento di quell’uomo che
non è ancora sceso a patti con la storia, cioè di quella parte astorica
dell’essere umano che non affonda le sue origini nel regno animale, ma PORTA
IN SE’ L’IMPRONTA, COME UNA MEDAGLIA, DI UN’ESISTENZA PIU’ RICCA , PIU’
COMPLETA. L’inconscio non è popolato unicamente da mostri, (per quanto
mitici anch’essi) è abitato da dèi, da eroi, da fate… e spesso le più
belle mitologie emergono dai sogni e dalle fantasie per adempiere alle
stesse funzioni che hanno avuto nelle antiche mitologie, quelle cioè di
avviare l’uomo al processo di iniziazione e di ascensione.
   I simboli nella storia mutano d’aspetto, basta solo togliere loro la
maschera e scoprire la loro funzione e attualità psichica. Se la psiche
dell’uomo ha sempre utilizzato le immagini per poter cogliere la realtà
ultima delle cose (coincidentia oppositorum) fenomeno né basato sulla
volontà né sulla razionalità, è perchè tale realà è un processo di sviluppo
psichico che non è possibile esprimere in altro modo se non mediante
strutture polivalenti quali il simbolo o l’immagine. Dice Gubbe, un adepto
cinese dell’antichità:”La gente nel mondo ha perso le radici per tenersi
alla cima dell’albero”. L’uomo moderno, nella sua corsa dissacratoria, ha
alterato il contenuto della vita spirituale, ma non ha distrutto le matrici
della sua immaginazione che sopravvive in miti semidimenticati, in simboli
decaduti (il mito delle isole beate del paradiso perduto (l”Isola dei
famosi”, sig… n.d.r.), l’immagine dell’eroe, dell’uomo super, perfetto, il
mistero della nascita e della morte) presenti nelle fantasticherie, nelle
distrazioni e nei divertimenti di oggi. Il cinema stesso, la letteratura, le
immagini evocate nelle canzoni rinviano con nostalgia al paradiso perduto,
ad un passato mitizzato, vale a dire al desiderio di una realtà diversa
dall’istante presente, realtà inaccessibile ma viva e palpitante.  E’
possibile trovare una mitologia dissimulata nelle immagini svilite presenti
nella vita “più qualunque” dell’uomo di oggi, che apparentemente disprezza
la mitologia, e che tuttavia nella sua immaginazione, continua a nutrirsi di
simboli e mitologie arcaiche ?  Per un rinnovamento dell’uomo moderno
sarebbe sufficente contemplare queste immagini nella loro autenticità e
leggerne i messaggi e i molteplici significati per cogliere l’archetipo che
esse rappresentano, poichè l’uomo sempre tende, anche ai livelli più bassi
della sua esperienza immediata, ad avvicinarsi all’archetipo e a
realizzarlo.  Proprio questo è il processo psichico che, entrando nella
misteriosa fucina dell’alchimista, ci permette di comprendere le
trasformazioni, le trasmutazioni che in essa avvengono.

La ricerca sui rapporti tra psicologia e alchimia è stimolata in Jung dalla
lettura di un testo taoista “Il segreto del fiore d’oro” dove scopre
sorprendenti affinità tra gli antichi simboli cinesi e il materiale onirico
dei suoi pazienti. Avvalendosi della sua profonda competenza di religioni,
filosofie orientali e occidentali, Jung inizia uno studio sistematico di
testi alchimisti, dai più antichi ai più recenti (XVII sec.), e si accorge
che le sue scoperte psicologiche non sono altro che il ritrovamento di
esperienze antiche e universali, radice comune collettiva da cui originano
materiali psichici e comportamenti anch’essi universali.  Jung dimostra così
l’esistenza, la realtà permanente presente nell’uomo, di un’istinto di
saggezza, una pulsione oggettivamente attiva nella psiche che spinge l’uomo
ad uscire dall’oscurità del senso comune delle cose, dal non senso di esse e
cogliere il loro significato latente ed il proprio significato cosmologico.
Si realizza cioè quello che Jung chiama l'”Archetipo dell’Individuazione” e
che gli alchimisti avevano perennemente perseguito.  Jung sostiene così che
l’uomo, anche se riuscisse a liberarsi da qualsiasi retaggio, non potrà mai
sottrarsi alle sue intuizioni archetipali, nate con lui nel momento in cui
prese coscienza della propria posizione nel cosmo.  Il significato
intrinseco della ricerca alchemica si configura come ricerca del sé, il
“conosci te stesso”, che ha sempre assillato l’uomo nella storia fin dalla
prima religione strutturata giunta a noi.  Riceca che a seconda del contesto
storico in cui si realizza si connota di caratteristiche singolari ed
irripetibili comprensibili solo tramite collegamenti simbolici e quindi
utilizzabili per una migliore comprensione del materiale interiore proprio
ed altrui spesso tanto ricco quanto misterioso.
   Caratteristica particolare dell’Alchimia è nei secoli, dall’antichità,
dall’epoca classica fino al XVIII sec., l’esplorazione chimica (da cui
nascerà la moderna chimica) nella quale però si è sempre mescolato materiale
psichico inconscio proiettato nella materia chimica sconosciuta, oggetto di
ricerca.  Con un’approfondita conoscenza filosofica, l’alchimista, anzi
l’adepto, inizia il suo lavoro con la materia, come un serio tentativo di
penetrazione nell’essenza delle trasformazioni chimiche della materia
stessa, ma il suo atteggiamento mentale è quello di diventare un TUTT’UNO
con l’opera, come l’artista con la sua stessa opera.  Egli intuisce che il
suo opus alchemicum ha un rapporto con la psiche e le sue funzioni, al punto
che ciò che viene estratto dalla materia viene chiamato “cogitatio”.
L’adepto cioè deve compiere in se stesso quel medesimo processo al quale
vuole sottoporre la materia.  In realtà si crea una sorta di “identità
inconscia” fra la psiche dell’alchimista e lo “spirito” racchiuso nella
materia, il quale si libera durante il processo di trasmutazione ( usa ad
es. l’occipit dove risiedono il pensiero e l’intelletto come recipiente per
le trasformazioni : “Mutatevi da pietre morte in pietre filosofali”).
L’alchimista in tal modo, senza saperlo,  si lascia andare in balia delle
promesse inconsce che il suo spirito e la sua mente gli suggeriscono e
proietta così al di fuori di sé i propri contenuti psichici di cui non
riconosce la realtà endogena.  Infatti quando si appresta all’esecuzione
dell’esperimento e si trova a lottare con i problemi oscuri ed ignoti della
materia, egli crede di scoprire leggi e figure della materia stessa, ma in
realtà SVELA IL PROPRIO RETROSCENA PSICHICO PROIETTATO su di essa, mistero
oscuro come è oscuro il proprio inconscio, vivendo così le sue proiezioni
come se fossero qualità della materia su cui sta indagando.  Jung pone
l’accostamento tra psicologia ed alchimia, in quanto considera l’alchimia un
complesso movimento ri ricerca conoscitiva, in cui si pone la problematica
del divenire della personalità, della realizzazione dell’ARCHETIPO
DELL’INDIVIDUAZIONE, che si configura all’alchimista come processo naturale
inconscio e misterioso come è misteriosa la trasmutazione della materia.

L’opera alchemica, sin dai tempi più antichi ha presentato due aspetti : da
un lato semplici esperimenti chimici di laboratorio, dall’altro un processo
psicologico espresso in un linguaggio pseudo chimico; infatti ogni
percezione fisica è connotata da una componente psichica che in qualche modo
la anima, sia attribuendole un significato metafisico sia che un particolare
tono emotivo per cui i simboli usati accoglievano vari aspetti di una
conoscenza unica.  Il pensiero simbolico in tal modo permette all’alchimista
di muoversi liberamente su vari livelli della realtà e attraverso il
simbolo, unificare ed assimilare realtà, apparentemente eterogenee ed
irriducibili.  L’alchimista di fronte alla rivelazione di tali contenuti
sconosciuti di cui avverte però il valore SACRO e la forza misteriosa, si
circonda di mistero, occulta la verità che palesa solo per analogie, per
allusioni, per metafore proprio come l’Illuminato di fronte alla
rivelazione.

L’alchimista nasce dall’occultismo (scienza che si deve nascondere) la
ricerca fatta su cio che non si conosce, su questa parte di conoscenza non
ufficializzata che è pericoloso rivelare. Infatti, altra connotazione
dell’alchimista è la “nigredo” cioè le “tenebre della sua mente” che
coincidono con la sua nerezza.: vale a dire la propria condizione psichica
di oscurità, tipica dell’iniziato, dolorosamente sperimentata da ognuno di
noi, vissuta come lo stato iniziale del processo alchemico che porta
l'”artefice” ad isolarsi, appartarsi in intimo raccoglimento.  Solitudine
con cui egli vive se stesso, oltre che come l’esecutore materiale, come lo
stesso crogiolo, come il vaso delle emozioni delle speranze delle attese. La
solitudine e l’isolamento diventano necessità soprattutto nel contesto
storico della Riforma, epoca in cui non è permesso indagare e mettersi in
qualche modo in rapporto con quella parte dell’uomo e della natura che non
appare, che si cela misteriosamente ma che tuttavia esiste.

Altra chiave di lettura importante per Jung è il concetto alchimistico di
IMMAGINAZIONE : visioni, sogni, allucinazioni che divengono fonti di
rivelazione.  L’Immaginatio è ” l’Astro dell’uomo, il corpo celeste, ,
Pietra che non è pietra” non vuoto fantasma ma forma significante e
sostanziale, “coniuctio di opposte nature”, significato nascosto delle cose
che l’uomo costantemente ricerca al di là dell’apparenza, , la coscienza, la
comprensione del significato che le cose stesse hanno nerl processo
dell’universale comprensione. 

Secondo Jung quindi l’alchimista attivando l’immaginazione, anche se
proiettata sulla sostanza trattata in laboratorio, vive qualcosa di molto
simile a ciò che vive lo psicoanalista nella ricerca in se stesso e negli
altri del significato recondito di pulsioni, percezioni, comportamenti.
Egli è perennemente alla ricerca di una presa di coscienza e appare dunque
sotto questo profilo come l’iniziatore della psicoanalisi, anche se egli
stesso come artefice, non ne è consapevole.

Il punto di partenza della sua opera è la “materia prima” che rappresenta
l’aspetto più misterioso, in quanto non è mai oggettivamente definita, non
tanto perchè sconosciuta, quanto perchè accoglie le proiezioni di contenuti
psichici di ogni alchimista, quindi con connotazioni dipendenti dalla
formazione culturale di ciascuno.
   Per alcuni infatti la materia era : l’argento vivo – il mercurio –
l’oro – l’acqua di vita – l’ombra – il microcosmo.  Per altri, definizioni
mitologiche e filosofiche che alludono a significati più profondi: uno
spirito celato o prigioniero della materia – natura perpetua ed infinita –
materia prima come un Unum – Unica Res – Monas – vero e proprio principio
che non avrà fine ; fino a proiettare nella materia l’idea del valore
supremo: Dio – fuoco – spirito rappresentato spesso come vegliardo alato –
padre e figlio – re e figlio di re.  Questo spirito nascosto fu interpretato
come “Spirito Santo”, spirito però ctonio, materiale, ermafrodito avente un
aspetto maschile materiale e un’aspetto femminile con carattere sacro quindi
numinoso, “tesoro difficile da raggiungere”.  Qualsiasi oggetto o immagine,
per quanto singolare o insolito se incorpora un’idea diversa da sé e cessa
di essere quell’oggetto, acquista una dimensione sacra, ricca di forze
magiche e religiose.  Infatti sono ripresi continuamente nelle proiezioni
psichiche, simboli arcaici presenti nell’immaginario di popolazioni antiche,
ancorati però per l’alchimista alla sostanza stessa della materia cioè alla
natura.  Gli alchimisti si appropriarono continuamente di allegorie,
metafore ecclesiastiche spesso provenienti da fonti pagane presenti
parallelemente in diverse religioni.  Tra essi Jung prende in esame in modo
particolare l’unicorno e l’ermafrodito : simboli unificatori che esprimono
la polarità dell’archetipo.  L’unicorno è corno e quindi segno di forza e
potenza con chiare connotazioni del maschile, ma il corno è
contemporaneamente calice di salvezza, recipiente usato per gli oracoli,
quindi con forte significato del femminile.  Così pure l’ermafrodito per la
sua stessa natura è fatto di contrari e contemporaneamente è il simbolo
della loro unificazione: in lui tutti gli attributi coesistono.  E’ una
formula arcaica della bi-unità divina che nasconde nell’aspetto esteriore la
coesistenza dei contrari, dei principi cosmologici maschile e femminile
espressi in termini biologici.  L’identità di opposti è caratteristica di
ogni dato psichico in stato inconscio, infatti il pensiero mitico prima di
esprimere il concetto della bi-unità divina in termini filosofici
(essere-non essere) o teologici (manifesto-non manifesto) colse l’aspetto
esteriore del linguaggio.  L’uomo sente periodicamente, seppure per
un’istante, di riappropriarsi della condizione dell’unità perfetta,
condizione in cui gli opposti coincidono, come tutti gl’altri attributi
coesistevano nella divinità.  Così avviene per il mito, con il suo
significato di “storia esemplare” che deve essere collegato al bisogno di
uomo arcaico di realizzare concretamente un “archetipo ideale”, cioè a
vivere “sperimentalmente” l’eternità in questa vita.

Nel suo svolgimento storico, l’unione degli opposti, a qualsiasi livello di
coscienza, è un processo di sviluppo psichico che per essere raffigurato ha
bisogno di simboli, simboli che a tutti i livelli dell’esperienza umana
continuano a valorizzare l’esistenza e creano “valori culturali”.  Jung
infatti, postula che l’anima possiede per sua natura una funzione religiosa
: nell’anima albergano valori supremi che danno all’anima stessa la capacità
di vedere la luce, purchè “l’archetipo dell’immagine divina” sia portato
alla coscienza.  Solo allora l’uomo può stabilire un rapporto fra la propria
anima e le figure sacre.  La psicologia insegna una migliore comprensione di
ciò che esiste; “offre una casa vuota, nuovi abitatori”.  Essa afferma che
Dio è un’archetipo, segno, impronta presente nell’anima; NON FA DELLA
TEOLOGIA, NON SA DA DOVE DERIVA L’ARCHETIPO COME NON CONOSCE L’ORIGINE
DELL’ANIMA, così come l’archetipo dell’eroe non implica necessariamente
l’esistenza dell’eroe.  Le figure religiose archetipiche possono
identificarsi con Cristo in occidente, Purusa Atma Budda in oriente, tutte
però rinviano al sé, perchè ognuna di esse è un SIMBOLO DEL SE’.  Certamente
le figure del Cristo e Budda sono per la psicologia il simbolo più altamente
sviluppato e differenziato del sé, perchè inglobano l’unione dei contrari:
l’umano e il divino, il contingente all’eterno.  Senza l’esperienza dei
contrari non può avvenire l’esperienza della totalità e quindi verrebbe meno
la possibilità di apertura interiore a immagini sacre.  Il sé è un concetto
limite che esprime un’idea illimitata, è indeterminato ma paradossalmente
contiene il carattere della determinazione addirittura dell’unicità, è
paradosso perchè rappresenta tesi e antitesi e contemporaneamente sintesi
così come è ben espresso nel simbolismo del mandala.  Infatti quando
l’archetipo del sé emerge dalle profondità dell’inconscio alle sogli della
coscienza pone l’uomo di fronte all’abissale contraddittorietà del suo
essere, fatto di luce e di ombra.  La qualità prima della coscienza è
distinzione: per realizzare lo stato cosciente, la consapevolezza, occorre
separare i contrari: lintegrazione della parte conscia ed inconscia si attua
nel processo d’INDIVIDUAZIONE.  Nel confronto dialettico tra coscienza ed
inconscio c’è sempre uno svolgimento, un progredire per quanto irto di
innumerevoli difficoltà, per quanto fatto di integrazione e regressione,
verso una meta liberatoria, verso un centro dove si realizza la totalità,
che include gli opposti in dialettica, la coniuctio di funzioni proiettate e
separate : il centro del CERCHIO.  Ogni archetipo è suscettibile di sviluppi
e differenziazioni infinite.  Se l’archetipo rimane inconscio come fattore
psichico o è sostituito da un’immagine proiettata, non partecipando alla
vita della coscienza, non esercita alcuna funzione attiva su di essa, anzi
può farla regredire a livelli più arcaici..  Questo fenomeno psichico è
facilmente visibile nel nostro tempo in individui o popoli, dove la funzione
religiosa non diventa funzione dell’anima e l’immagine divina non fa
nell’anima un’esperienza viva, ma rimane soltanto una forma esteriore.  Per
esempio un cristiano, in realtà pagano, per quanto si dichiari credente in
tutte le figure sacre della sua religione, per quanto devoto alle figure
dogmatiche della Chiesa e della Bibbia, SE NON HA MAI INCONTRATO CRISTO,
cioè se l’archetipo dell’immagine divina è rimasto inconscio come fattore
psichico, rimarrà nella sua interiorità senza mutamenti e senza sviluppi per
cui i suoi impulsi e i suoi interessi resteranno esclusivamente pagani e la
sua vita religiosa si esaurirà in esteriorità e formalismi.

Jung considera l’alchimia una forma di religiosità in cui la divinità è si
addormentata nella materia da trasformare, tuttavia assume una funzione
religiosa, compensatoria nei confronti dei bisogni sublimatori della società
cristiana così dominanti in certi contesti storici.  La vita spirituale
collettiva dei secoli in cui l’alchimia è enormemente fiorita, e ci si
riferisce al Medioevo ed al periodo della Riforma della Chiesa, favorì il
bisogno, la spinta ad uscire da una condizione di tenebre; da uno stato di
relativa incoscienza, vissuto come penoso, costrittivo, limitante, da cui in
qualche modo era necessario liberarsi, redimersi, affrancarsi.  L’alchimia
vive per alcuni secoli ai limiti dell’eresia, proibita dalla Chiesa poichè
ricerca la verità per conoscenza diretta, non per fede.  Concretamente gli
alchimisti, suffragati dal simbolismo mitologico, dogmatico, cercarono di
stabilire dei punti di contatto tra la coscienza e le sue radici naturali
presenti nell’Inconscio collettivo, proiettando però questi Archetipi che
non potevano sopravvivere senza attrito col cristianesimo dell’epoca.
Nella storia o quando si verifica una svolta religiosa o nei momenti in cui
le valenze dominanti non sono più significative, si può ritrovare una
situazione che ricorda quella degli alchimisti, poichè di fronte allo
sgretolarsi delle rappresentazioni collettive che imperano nella società,
gli archetipi cominciano a premere verso la superficie per creare dominanti
nuove, per cui un certo numero di individui sono come da essi afferrati in
maniera irrazionale, inconscia.
La moderna psicoterapia si trova, oggi, di fronte agli archetipi vivificati
dell’inconscio collettivo in quegli individui per i quali le valenze
imperanti nella società stanno perdendo di significato, per cui i simboli
del processo di individuazione emergono con prepotenza dalle profondità
dell’inconscio alle soglie della coscienza.

Dal materiale onirico e immaginativo di un paziente (Jung-Psicologia e
alchimia-p.55-243) con UNA CULTURA PRETTAMENTE SCIENTIFICA Jung sceglie un
certo numero di sogni, dove compaiono immagini tendenti tutte al
raggiungimento di un nuovo centro di formazione della personalità del
paziente.  Immagini spesso enigmatiche e misteriose che alludono a processi
vitali della psiche, simboleggiando tappe mitiche fondamentali al processo
d’individuazione, le quali si ispirano al simbolismo del centro.  Proprio
per il tipo di cultura del paziente  tale simbologia è ancor più
sorprendente in quanto riferita a simboli antichi e religiosi sconosciuti
alla coscienza.  Appare infatti come la psiche individuale e collettiva
attinga continuamente a simboli religiosi che si manifestano nella storia e
attraverso la storia; per cui le situazioni astoriche che l’uomo conosce,
quelle cioè che superano la sua condizione oggettiva (sogno e fantasia) lo
fanno uscire dal presente storico per ritrovare altri ritmi temporali quali
il presente eterno del mito, della religione.  Il ritmo temporale diverso,
che non è in ogni caso quello del tempo storico, mediante simboli, miti e
riti,  porta l’uomo in una situazione “limite” che è sempre unica e
irripetibile, quella cioè che l’uomo scopre prendendo coscienza del suo
posto nell’universo.  L’analisi di questi sogni, dove si snoda un coerente
sviluppo dello spirito, proprio come un’alchimista medioevale esercitava la
sua arte, ci mostra l’uomo come SIMBOLO VIVENTE.  Ad esso l’uomo storico,
con una nuova presa di coscienza deve rivolgere la sua attenzione se vuole
riscoprire il contenuto teorico ed il significato magico-numinoso degli
archetipi, dei simboli viventi, nonche di quelli fossilizzati nelle
tradizioni religiose dell’intera umanità.  Questo è il cammino
indispensabile per dare alla luce un'”uomo nuovo” più autentico e completo,
consapevole dell’enorme ricchezza spirituale che in lui alberga, conscio del
suo destino e della sua dimensione esistenziale.  L’Individuazione non è
soltanto un problema spirituale: è il “problema della vita in generale”
Jung in questa analisi vuole altresì sottolineare l’esistenza di un “LOGOS”
del simbolo, di una logica cioè in cui gruppi di simboli si rivelano
coerenti, logicamente collegati tra di loro, quasi che l’inconscio possa
sempre scrivere la “storia” dell’uomo come un testo oggettivamente
esistente, attingendo a simboli eterni..  L’elemento fulcro nei sogni del
paziente di Jung è il simbolo del “mandala”.  Mandala significa cerchio, in
particolare cerchio magico, le traduzioni tibetane lo rendono a volte come
centro, a volte come ciò che circonda. Di fatto un mandala rappresenta tutta
una serie di cerchi concentrici o no, inseriti in un quadrato.  Per un
lamaista interrogato da Jung il mandala è un’immagine mentale, un’immagine
interiore che viene costruita dall’immaginazione attiva.  Per alcune scuole
tantriche il mandala è solo interiorizzato; può significare una costruzione
mentale che protegge dalla dispersione e dalla distrazione oppure si può
realizzare una identificazione del mandala col proprio corpo in quanto si
concretizza il desiderio di identificare la proprio fisiologia mistica ad un
microcosmo : infatti il processo iniziatico viene descritto spesso come
penetrazione all’interno di un mandala. I mandala sono molto diffusi in
oriente; all’interno del mandala tantrico sono presenti le diverse divinità
del pantheon tantrico.  Anche il primo Medioevo è ricco di MANDALA CRISTIANI
che contengono nel loro interno figure religiose del cattolicesimo.  In
realtà si può dire che i mandala hanno una diffusione universale, simboli
religiosi antichissimi inerenti a tutta l’umanità.  Il più antico mandala
noto sembra essere una “ruota solare” paleolitica scoperta di recente in
Rodesia.
   Gli elementi più significativi e più frequentemente presenti nel mandala
sono: il fiore, l’albero, la croce, la ruota, la scala; elementi inseriti in
un movimento circolare tendente ad un centro: spazio sacro che
simbolicamente incorpora la realtà assoluta, la sacralità, l’immortalità.
Non è forse una realtà psichica quella condizione per cui ogni essere in
cammino verso la strada della conoscenza, tende ad un centro,  verso il
proprio cento che gli conferisce la realtà integrale, la “sacralità”?
Infatti al simbolismo del centro si inseriva il simbolismo dell’iniziazione
e dell’ascensione, passaggi obbligati al processo di individuazione.  Il
centro è l’origine, il punto di partenza e di arrivo di tutte le cose, punto
senza forma e dimensione, quindi invisibile, l’unico che possa dare
l’immagine dell’unità primordiale.  In epoca assai remota, nelle tradizioni
primordiali,  il centro del cerchio è stato assunto come simbolo del sole
per cui molti archeologi attribuiscono ad esso un significato esclusivamente
solare.  In realtà il sole in tutte le tradizioni antiche esprime quasi
esclusivamente tale simbolo: quello del centro del mondo, del principio
divino e lo spazio circondato da uno o più cerchi rappresenta spesso i
diversi gradi o stadi dell’esistenza.  Lo spazio fra il centro e la
circonferenza (spazio sacro) può essere occupato dai raggi provenienti dal
centro e terminanti sulla circonferenza.  Possono essere di numero infinito
ma le ruote più frequenti sono a quattro, sei o otto raggi; si parla allora
di “ruota delle cose”, ruota della vita.
   La forma più semplice è quella che presenta quattro raggi: la croce,
simbolo ricco di significati: nelle religioni indù è l’immagine dei cerchi
cosmici alla cui estremità corrispondono le varie fasi del cielo, oppure le
quattro fasi della giornata, della lunazione; mentre sia nelle tradizioni
dell’India, che dell’America Centrale essa significa le quattro ere
dell’umanità.  Il numero quattro compare con insistente ricorrenza nei sogni
esaminati da Jung.  Alcune scuole di esoterismo mussulmano attribuiscono
alla croce che passa per il centro il significato di luogo in cui si
unificano tutti i contrari, in cui si risolvono tutte le opposizioni.
Secondo una espressione indù è l’ordinatore interno, poichè dirige tutte le
cose dall’interno, l’inizio in cui tutto è ancora nero.  In molti mandala
nel centro è presente la vescica germinale, la luce, il fiore d’oro che
sboccia dalla vescica germinale come nel processo di sublimazione e
trasmutazione degli alchimisti in cui “dal piombo della regione dell’acqua”
nasce “l’oro prezioso” così come nel processo di Individuazione del Sé
“l’inconscio diventa conscio in un processo di vita e di sviluppo”.  Jung
ritrova queste immagini nei disegni e nei sogni dei suoi pazienti sui quali
esse esercitano una forte azione magica – propulsiva – numinosa.  Azione
molto antica che deriva dal cerchio magico protettivo, recinto sacro,
temenos della personalità più intima, che mira ad evitare la dispersione
provocata dal mondo esterno e recuperare la propria attenzione a un recinto
sacro interiore, spazio che contiene l’origine e la meta dell’anima.  Mircea
Eliade sostiene che tutti i simbolismi dimostrano che l’uomo può vivere
soltanto in uno “spazio sacro”, nel centro del cosmo, che continuamente
ricerca per soddisfare la sua “nostalgia del paradiso perduto”.  Dal
profondo sempre emerge il desiderio di trovarsi nel cuore del mondo, della
realtà e della sacralità, cioè di superare in modo naturale la condizione
umana e recuperare la condizione divina, realizzando in tal modo gli
archetipi.  Il resinto, la circumambulatio degli alchimisti, il labirinto
delle prove iniziatiche, l’arduo percorso dell’asceta, esprimono un’idea di
circolazione, di movimento, così come il girare intorno a noi stessi e
intorno al centro del proprio essere può coinvolgere tutti i lati della
nostra personalità.  Anche nei sogni dei nostri pazienti è dominante,
ricorrente, il movimento circolare che assume il significato psicologico di
animare le parti in ombra e in luce, di recuperare funzioni proiettate o
separate, di attivare insomma una dinamica in uno “spazio sacro” dove s’
instaura una dialettica paradossale che attrae e respinge, che è utile e
pericolosa, che dà sia la morte che l’immortalità.

FINE

Individuazioneultima modifica: 2010-06-07T17:08:59+02:00da allan11
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