Essere-per-l’Amore

Nasce nel 1942 l’opera principale e più originale di Ludwig Biswanger: “Forme fondamentali dell’esserci umano”.  L’orizzonte ontologico entro cui si colloca la visione di Biswanger è anche qui quella heideggeriana dell’essere-nel-mondo. Ma è in quest’opera che Binswanger “scopre” quella forma duale dell’amore. quella nuova struttura dell’esser-ci con cui egli arricchisce e supera la fredda visione heideggeriana della presenza umana. L’essere-con diventa reciprocità, la presenza diventa presenza-a, e al di sopra del commercio interumano s’inarca, infinitamente luminoso, il cielo della dualità amante, condensata nella più pregnante delle formule binswangeriane: “Essere nel mondo ma al di sopra del mondo“.  L’opera più vasta del grande psichiatra svizzero non è che la descrizione acutissima, rigorosamente scientifica eppure appassionata di questa densa formula e rappresenta nella storia del pensiero moderno il tentativo più organico e più vivo di cogliere l’eidos di quel modus amoris che agli occhi di Binswanger non è soltanto la forma più alta e più “autentica” dell’essere-nel-mondo, ma anche la forma più ricca di conoscenza di sé e degli altri.

Non vi è un Sein senza il suo “da”, un essere senza il suo “ci”. E’ questo “ci” che apre la spazialità e rende possibile un “qui” e un “là”.  L’essente reca quindi nel suo essere più vero il carattere dell’essere aperto.  Il “ci” indica questa apertura ontologica. In altre parole : il Dasein (“essere-nel-mondo” dell’uomo) è…la propria apertura.         “Il “da” del Dasein in quanto Dasein amante, non indica quella apertura in forza della quale esso, in quanto mio, è “là” in vista di se stesso, ma quella apertura in forza della quale il Dasein, in quanto duale, è “là” in vista di noi, di me e di te, dell'”un l’altro”. L’essere-se-stesso dell’amore, la sua ipseità, non è un io, ma un noi”.                 Il Dasein, dunque, è apertura, ma solo apertura verso il “noi” dell’amore duale.  Questa apertura ontologica al “noi” duale, viene chiamata da Biswanger “Incontro“.  L’amore diventa così un momento strutturale della concezione dell’esser-ci, della presenza.  Il Dasein è già un “noi”, anche se ancora indefinito e velato. Esso è, per così dire, nostalgia, brama, tensione ontologica verso il “noi” dell’amore.

Il “da” del Dasein, dunque, inteso come l’ontologico e antropologico “luogo” dell’esser-ci indica anche il vero orizzonte spaziale di ogni dualità nell’amore. Biswanger trova la miglior formulazione di questo spazio dell’amore in un bel verso di Rilke: “Solo dove sei tu, là sorge un luogo”.   Mentre il principio che regola la spazialità nel mondo fisico delle cose si riassume nell’espressione: “Togliti, che mi ci metto io”, per cui ogni conquista di spazio da una parte corrisponde sempre una perdita di spazio dall’altra, nella dualità dell’amore la spazialità è retta da un’altro principio: “Dove sono io, là sei anche tu”, e viceversa: “Dove sei tu, là sono anch’io”. Questo tipo di spazialità è la loro “patria”.   “Chi quindi tratta dell’amore sotto il titolo di “sentimento” o di “affetto”, non sa in verità che cosa sia l’amore. Esso è allo stesso tempo idea, sentimento, volontà”  Le tre vere dimensioni dello spazio amoroso sono “un’ampiezza sconfinata, una profondità senza fondo, una pienezza inesauribile”  E mentre questo ci rivela il carattere dinamico dell’amore, sottolinea pure un’altro suo tratto essenziale: la leggerezza, in forza della quale il Dasein in quanto amante, si sottrae alla pesantezza terrestre, si eleva ad altezze inattingibili al mondo della “Cura”.  Dire “leggerezza” significa indicare il carattere di non problematicità dell’amore, ché problematicità indica sempre un’indagare, un domandare intorno a qualcosa, mentre l’amore è solo un “osare“, non già un osare “qualcosa”, ma un puro e infinito osare

Come Biswanger parla della sovra-spazialità dell’amore, così parla della sua sovra-temporalità.  L’espressione che meglio definisce la dimensione temporale dell’amore è quella di “durata eterna”, di “eternità” (non di tempo eterno! “…presso Dio è l’eternità, presso il diavolo, nell’inferno, è il tempo eterno, diceva già A. Silesio). All’infinito dello spazio dell’amore (non inteso come somma di luoghi), corrisponde l’infinità del tempo dell’amore (non inteso come somma di momenti). Alla sovramondanità della “patria” corrisponde “istante eterno” dell’amore, un istante nel quale cadono le antinomie di presente, futuro e passato.  La ragione di ciò sta nel fatto che la temporalità dell’amore non “sgorga” dalla finitezza del Dasein, in quanto mio, tuo, suo, ma dall’eternità del Dasein stesso in quanto nostro, in quanto “eterno noi”.  Come la “patria”, così anche l’istante eterno appartiene aprioristicamente ed essenzialmente alla struttura dell’essere-insieme-nell’amore.

Segue prossimamente…

Questo articolo ha l’ambizione, attraverso il lavoro teorico-pratica di Ludwig Biswanger di proporre come stile di vita il “modus amoris”, “il parlare l’amore” come via per destrutturare il mito individualista “egemone” nella cultura dell’Occidente e rigenerere un progetto uomo-persona e di un noi oltre l’indifferenza della “folla solitaria” attraverso la riscoperta del “fondamento etico del Sé”.

Essere-per-l’Amoreultima modifica: 2010-06-07T17:37:00+02:00da allan11
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