che oggi la cosiddetta società post-moderna ha di fronte è
notevolmente diverso dal passato.
Molte delle categorie che hanno caratterizzato la storia degli ultimi
due secoli sono diventate vetuste e necessitano di un ripensamento
e rinnovamento, anche a livello semantico, iniziando proprio
da quelle che si definiscono “destra” e “sinistra”.
Vediamo allora di individuare ciò che può oggi costituire motivo
di distinzione tra le varie forze politiche in campo.
Ebbene secondo me – e mi riferisco non solo al nostro Paese –
il discrimine più significativo, che passa anche all’interno
degli stessi attuali schieramenti politici, è quello tra coloro
che ritengono validi il principio di realtà oggettiva,
e di conseguenza, l’esistenza di una “legge naturale”
e coloro che, al contrario, basano la loro azione su una visione
soggettivistica della realtà.
Una divisione quindi che vede da un lato “realisti”
od “oggettivisti”, e dall’altro “relativisti” o “soggettivisti”,
il che pone in evidenza una sorta di ribaltamento dei riferimenti
sociologici da sempre attribuiti alle due anzidette categorie:
infatti alla “destra”, in quanto depositaria del “common sense”,
quindi del “diritto naturale”, verrebbe di fatto riconosciuta
una dimensione “comunitaria”, mentre alla “sinistra”,
in quanto “relativista”, verrebbe attribuito un connotato
“individualistico”.
Così, in altre parole, mentre una volta al termine “destra” venivano
associati ruolo ed istanze del singolo individuo ed al termine “sinistra”
veniva attribuito il ruolo del primato della collettività, oggi il
paradigma verrebbe ad invertirsi, privilegiando la “destra” il bene
quella tradizionalista e quella cattolica si sono sempre sostanzialmente
poste in un’ottica personalista, comunitaria e trascendente]
Come si vede, dunque, siamo di fronte a un quadro – politico, culturale
e sociale – totalmente nuovo. Quadro che si caratterizza poi per due
ulteriori aspetti salienti.
Primo, la crescente consapevolezza della sostanziale illusorietà
di quanto viene proposto dalla tecnocrazia scientista: infatti lo sviluppo
tecnico-scientifico, che in futuro avrebbe dovuto assicurare perenne
felicità a tutta l’ umanità si sta rivelando un’utopia, una suggestione
verso un nuovo anti-umanesimo che tende a ridurre la persona umana
a mero strumento.
Quanto al secondo aspetto, questo emerge proprio dall’incapacità
della tecnocrazia scientista a fornire risposte convincenti alle
domande ultime relative all’uomo stesso: quali il suo principio
ed il suo fine, e le ragioni della sua esistenza.
Aspetto rappresentato dal ritorno, non sul piano privato, bensì
su quello pubblico e civile, della dimensione religiosa,
la sola capace di fornire risposte a quegli aneliti che le varie
“scienze”, non solo quelle “esatte”, ma anche, e soprattutto,
quelle “sociali” e “politiche”, hanno creduto di poter risolvere,
determinando invece catastrofi quali quelle del secolo passato